Beati Paoli

di Luigi Natoli

prologo, capitolo 6

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Nella giornata, avvertito, aveva veduto Maddalena che gli aveva raccontato la terribile scoperta da lei fatta, e che la faceva ancora tremare. Andrea non ne fu meno spaventato, pensando che non v'era mezzo di prevenire o di impedire un misfatto, che presto o tardi sarebbe stato compiuto nella impunità. Accusare don Raimondo? Questa idea, la prima a presentarsi e la più semplice, pareva allora una pazzia: nessuno avrebbe prestato fede a una accusa fatta da servi che, per essere stati licenziati, potevano anche inventare un delitto a carico dei padroni, e quella accusa sarebbe ricaduta sopra di loro. Non c'era che da vegliare e ricorrere all'astuzia, ma stare bene attenti, perché la più lieve imprudenza, scoprendoli, avrebbe potuto privare donna Aloisia di quella protezione devota e misteriosa.

Risolvettero di stare in guardia ancora qualche giorno e poi, se era necessario, avvertire la duchessa.

S'accordarono così: che Andrea non si sarebbe allontanato da quei luoghi; senza farsi vedere, avrebbe tenuto d'occhio la "torre di Montalbano" pronto ad accorrere a un segnale convenuto: un asciugamani disteso sul davanzale della finestra dello stanzino, se di giorno, o tre battute di mano, se di notte.

Così quella sera, dal suo osservatorio il fedele servo aveva veduto uscire don Raimondo e Giuseppico, a piedi, intabarrati e ciò aveva destato la sua curiosità. Dove andavano? Volle seguirli. E aveva tenuto loro dietro, cauto, non visto, per quei vicoli.

Adesso con l'orecchio alla porta, udiva quello che dicevano; non tutte le parole gli giungevano chiare e precise, perché parlavano sommessamente, ma percepiva qualche cosa sufficiente per comprendere e rabbrividire.

Don Raimondo pareva incollerito.

"Tu m'hai ingannato, sgualdrina!" diceva.

"Eccellenza, che dice mai!... Le giuro..."

"Taci, strega!... Ella ha bevuto tutta la bottiglia, capisci? L'ha bevuta durante la notte e stamattina non aveva neppure il più lieve malore; pareva anzi che stesse meglio..."

"Ma, Eccellenza, la miscela l'ho composta io... è sicura..."

"Tu non avrai messo la bottiglia!..."

"Glielo giuro, Eccellenza; l'ho messa io, con le mie mani, sul tavolinetto ed ho portato via quella che c'era... Che possa essere privata della grazia dell'anima!.."

"E allora, come si spiega che non è giovata a nulla?..."

"Che ne posso sapere io? Forse la complessione della signora è forte... bisogna raddoppiare..."

"Bada bene che, se mi inganni, ti farò impiccare..."

"Eccellenza, non ho mai ingannato nessuno... sono una donna onesta..."

Don Raimondo non potè frenare un sogghigno a questa affermazione di onestà.

"Dammi, dunque, quello che mi occorre" ordinò "Penserò io a somministrarlo... Ma bada che sia sicuro, infallibile..."

Passò un minuto di silenzio. Andrea udì aprire e chiudere uno sportello.

"Eccellenza," disse Peppa la Sarda "questa è una polvere della Tofana; vostro Eccellenza sa, per detto, che la Tofana è infallibile..."

"Lo so, ebbene..."

"Basta un pizzico nel brodo, invece del sale..."

"Sta bene. Bada però a te: sei in potere mio, lo sai." Andrea ebbe appena il tempo di gettarsi in un andito buio dove non poteva essere veduto, che la porticina si riaprì. Uscì innanzi Giuseppico, girò intorno la lanterna per assicurarsi che nel vicoletto non c'era alcuno e fece un segno a don Raimondo. Tutti e due rifecero la strada. Andrea li seguiva con l'occhio dal suo nascondiglio; quando vide la lanterna svoltare dall'angolo del vicolo verso la Pannaria uscì, si avvicinò a sua volta alla porticina e picchiò tre volte, come aveva fatto Giuseppico.

La voce stessa domandò chi fosse. Egli rispose sommessamente, così da non fare riconoscere la sua voce: "Sono io, Peppa la Sarda; il padrone ha dimenticato di dirti una cosa..."

La porta si aprì cautamente come prima, ma Andrea la sospinse impetuosamente, balzò nella stanza, e chiuse sprangando coi catenacci il battente prima ancora che Peppa la Sarda si fosse riavuta dalla sorpresa: poi, tratto rapidamente dalle tasche un coltello e avvicinatosi con occhi torbidi alla donna, le disse: "Di' un po', preferisci morire impiccata come Tofana o scannata come un agnello?..."

Peppa la Sarda stava ancora immobile, sorpresa di quella aggressione inaspettata, ignorando che quell'uomo a lei ignoto, conoscesse già il segreto col cavaliere Albamonte.

Peppa la Sarda era ancora giovane: forse aveva appena oltrepassato la trentina; aveva presso a poco la taglia di Maddalena e non aveva aspetto sgradevole. Solo che i suoi occhi somigliavano a quelli di un gatto, chiari, fosforescenti, selvaggi e la mascella inferiore larga e forte aveva qualcosa di belluino. Che nella sua stanzetta terrena, uno di quei "catoji" - come grecamente si chiamano i pianterreni nei quali abita la povera gente di Palermo - si apparecchiassero i formidabili veleni che resero famoso il Seicento, nessuno l'avrebbe creduto.

Era una povera stanza dalle pareti affumicate, nude d'ogni ornamento anche grossolano, salvo una immagine della Vergine, annerita e bruttissima. In un canto v'era il fornello e lì presso una misera scansia con qualche pentola, dei vasi di terracotta, alcuni piatti. Qualche altra pentola stava sui fornelli. Una tavola unta, tarlata si addossava a una parete e sopra di essa ardeva una lucernetta di terraglia ordinaria; di contro, uno stipo. Il letto, se così poteva chiamarsi un pagliericcio buttato sopra due assi, era in fondo, quasi protetto dalla semioscurità: un occhio indagatore avrebbe potuto vedere sotto il letto, nell'angolo più riposto, quasi nascosto da una cassa, brillare qualche vetro di forma strana.

Peppa la Sarda, ripreso il dominio di sè, domandò con dispetto: "Che cosa volete?"

"Te l'ho detto. Posso scannarti, ora e nessuno ti salverebbe, e nessuno saprebbe chi e come... E posso andare dal capitano di giustizia e dargli in mano la chiave di tanti assassini misteriosi..."

"Non vi capisco; non so che cosa vogliate dire... Andatevene, o chiamerò aiuto."

Andrea le saltò addosso, l'afferrò per la gola, la spinse alla parete tenendola inchiodata e, mettendole la punta del coltello fra gli occhi, le disse: "Conosco il cavaliere che è uscito or ora di qua: so che cosa è venuto a fare; so che gli hai dato or ora la polvere della Tofana per uccidere la duchessa della Motta; so che la notte scorsa tu, strega infame, sei entrata nella camera della duchessa e le hai posto una bottiglia d'acqua avvelenata sul tavolino da notte...; quel veleno non ha fatto nessun effetto, perché qualcuno che t'ha veduta si è affrettato a sottrarlo... Hai capito ora? Hai capito che so tutto e che tu sei nelle mie mani, tu e i tuoi complici; e che la duchessa non morirà, perché c'è chi veglia su quell'innocente?.."

A mano a mano che Andrea parlava accompagnando le parole con strozzate che quasi soffocavano l'avvelenatrice, Peppa la Sarda impallidiva, diventava livida, sudava, tremava. Chi era quell'uomo che sapeva tutto, che aveva veduto tutto? Come aveva veduto?... La cosa le pareva così straordinaria, quasi fuori del naturale, come se qualcosa di impenetrabile e di eterno, di minaccioso e ineluttabile, apparisse sopra di lei. Non sapendo, nè potendo più reagire, finì col cedere al terrore; balbettò qualche parola giungendo le mani.

L'atto più che le parole domandava pietà. Andrea, senza lasciarla, allentò la morsa delle sue dita.

"Pietà... pietà!..." mormorò con voce spenta Peppa la Sarda.

"Adesso invochi pietà? E ne hai avuta per una innocente che non t'ha fatto mai alcun male? Se la duchessa morrà, la tua vita pagherà la sua..."

"Abbiate misericordia di me... rimedierò..."

"Subito, dammi il contravveleno..."

"Ve lo darò... ma lasciatemi!.."

Andrea la lasciò; Peppa la Sarda si passò la mano sul collo, si rimise; il suo volto era spaventevole; ancora livido e contraffatto, aveva una espressione feroce di odio e un ardore di vendetta.

A un tratto, preso animo, balzando come un gatto e respingendo Andrea, cercò di guadagnare la porta, ma il giovane, che forse si aspettava una sorpresa, stava in guardia, la ghermì pei capelli, la buttò per terra con una mala parola, e in un impeto di collera levò alto il coltello per ucciderla. Un pensiero improvviso lo arrestò. Chi gli avrebbe dato il contravveleno? Peppa la Sarda si vide perduta ora.

"Ah! tu cercavi di farmela?" digrignò Andrea frenando l'ira; "tu cercavi di sfuggirmi? Senti come punge, mala femmina!"

Con la punta del coltello le cincischiava leggermente il collo facendola sussultare; il freddo della lama, qualche tiepida goccia di sangue che pullulò sulla carne, le posero nelle vene il terrore della morte.

"Grazia!" mormorò nuovamente!

Ma Andrea non la lasciò. A ogni preghiera della donna rispondeva con un diniego del capo. Finalmente parve cedere.

"Sì," disse, "ti farò grazia della vita... ma a modo mio."

Minacciando sempre col coltello, con la mano libera le tolse il grembiale e postosi il coltello fra i denti le legò solidamente le braccia intorno alla vita, così strettamente, che quasi la soffocava; poi frugò intorno, trovò una corda e allora rifece la legatura.

Le strinse le mani dietro le reni, girando la corda intorno ai fianchi e al ventre: col grembiale attorcigliato come una fune, le legò le gambe e quando l'ebbe ridotta all'impotenza, le domandò: "Dov'è il contravveleno?"

"Lì, in quell'armadio..."

Andrea aprì l'armadio; era pieno di boccette, di cartocci, di erbe secche.

"Qual è?"

"Lì, nella seconda scansia, accanto a quella boccia verde..."

"Questa boccetta?"

"Sì."

Andrea le piantò gli occhi indagatori in volto; poi, dopo un minuto di pausa le disse: "Bada, baldracca, che io non ti lascio... Io prenderò la boccetta, ma ti porterò con me, ti chiuderò in un posto donde non potrai sfuggire, e vi ti lascerò fino a quando non avrò veduto che non mi hai ingannato... La tua vita mi risponderà della vita del la duchessa e del piccino... Affermi ancora che la boccetta del contravveleno sia questa?"

Peppa la Sarda non rispose subito.

"Ebbene?" ripetè Andrea.

"Voi non otterrete quello che sperate, voi non giungerete a salvare la duchessa," disse sogghignando l'avvelenatrice.

Andrea sollevò il pugno armato, ma Peppa non diede segno di sgomento.

"Non è per causa mia, ma per causa vostra..."

"Mia?.."

"Certo! Non v'accorgete, imbecille che siete, che con tutti i contravveleni non potrete sottrarre la duchessa alla morte perché il cavaliere della Motta troverà altri mezzi per disfarsi della cognata?"

Andrea impallidì e guardò la trista femmina, colpito dalla giustezza di quell'osservazione. Che fare?

"Voi non potrete che ritardare soltanto la morte."

Pareva che trionfasse nel tono della voce e nel lampo feroce dell'occhio, e che assaporasse la soddisfazione di avere gettato l'animo di Andrea in quel mare di dubbi, di paure, di incertezza. Ma il giovane prese una risoluzione.

"Non importa!" disse "per ora bisogna arrestare l'opera tua; al resto si penserà dopo. È questa la boccetta del contravveleno?"

"Sì."

Andrea se la pose in tasca; poi tolto un fazzoletto imbavagliò fortemente Peppa la Sarda, se la caricò addosso come fosse stato un fanciullo, spense la lucerna, uscì richiudendo dietro di sè la porta e si avviò verso la strada dell'Angelo Custode dove sorgeva la sua casetta.

La notte era cupa, senza stelle, fredda, l'ora inoltrata, le strade deserte. Egli ebbe l'accortezza di non attraversare le strade più larghe dove avrebbe potuto incontrare qualche ronda in ritardo, ma di cacciarsi per i vicoli; ciò allungava il cammino, ma lo rendeva più sicuro da ogni incontro. Di tanto in tanto era costretto a fermarsi, affaticato dal cammino e dal peso; deponeva quel fardello vivente dietro qualche porta, riposava un minuto e riprendeva il cammino. Quando giunse a casa non ne poteva più.

Egli abitava in una specie di mezzanino povero e triste, di due stanze, la seconda delle quali aveva una finestra sopra un giardino, munita di solidissime sbarre di ferro. Ivi era il letto; ve la depose, e le sciolse il bavaglio.

"Ti leverei anche codeste pastoie, se tu fossi ragionevole," le disse, "ma preferisco lasciarti così per ogni buon fine. E bada: da qui non uscirai se non quando avrò salvato la duchessa. Adesso dimmi come si adopera questa polvere."

Poco dopo uscì chiudendo a chiave la stanza e la porta d'ingresso e corse al palazzo Albamonte per vedere Maddalena e darle le istruzioni.

Rientrando in casa, don Raimondo ordinò a Giuseppico di recargli un po' di latte e una cagnetta.

"Se quella vacca mi ha ingannato, la manderò al Sant'Offizio per fattucchieria!..."

Quando ebbe il latte vi mescolò un po' di quella polvere, ne provò con la punta della lingua il sapore, e poichè parve soddisfatto offrì la bevanda al disgraziato animale, che allettato dal sapore del latte bevve avidamente, forbendo la scodella con la lunga lingua e leccandosi le labbra soddisfatto.

Don Raimondo e Giuseppico guardavano e aspettavano. La cagnetta fece due o tre giri per la stanza, si avvicinò scodinzolando al padrone, si rizzò, gli pose le zampette anteriori sul seno come per cercarne una carezza; poi vagò ancora per la stanza fiutando, e si fermò chinando la testa, come assalita da un'invincibile sonnolenza. Lentamente si lasciò cadere per terra, sdraiandosi lunga. don Raimondo la chiamò con un suono particolare; la bestia si riscosse, sollevò un po' la testa che ricadde pesantemente, e scodinzolò un po' lentamente con uno sforzo.

A poco a poco le sue membra si irrigidirono, si distesero, senza convulsioni, senza spasimi e la sua vita si spense come una fiammella sulla quale si è calato dolcemente lo spegnitoio.

Il cavaliere Albamonte ne parve soddisfatto. Con un sorriso diabolico pensò: "Non è forse ubbidire al precetto divino ricongiungere donna Aloisia al duca suo marito? Affrettiamoci dunque a liberarla da questa valle di lacrime".

Stette un po' pensieroso; l'orologio della chiesa vicina suonò tre ore di notte. A momenti donna Aloisia avrebbe cenato. Questo pensiero lo fece rabbrividire: la polvere misteriosa era lì, dinanzi a lui, e gli effetti sicuri; egli non doveva che gettarne un pizzico nella tazza di brodo ed ella si sarebbe spenta come il cagnolino. Tuttavia all'idea di andare in cucina o di aspettare nell'anticamera, di trovare, in una parola, la possibilità di compiere il suo misfatto, si sentiva meno il coraggio.

Fece uno sforzo, si cacciò in tasca una cartina con un po' di polvere e andò, come era solito, a riverire donna Aloisia prima di ritirarsi nella sua camera per dormire.