Beati Paoli

di Luigi Natoli

parte prima, capitolo 8

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Il nuovo venuto era un "razionale", si chiamava don Girolamo Ammirata.

Era alto, con un volto asciutto e bruno sotto l'ampia parrucca a riccioli, le mascelle ferine, gli occhi neri e vivi, ma nell'atteggiamento, nel gesto, nella voce aveva un non so che di umile o di remissivo, che faceva dire: "Deve essere un bravo uomo".

Sebbene secondo l'uso cingesse spada, dal panno e dalla semplicità del vestito si riconosceva la modesta sua condizione che si conformava all'espressione del volto: il giovanotto, invece, offriva un singolare contrasto. Sul viso aveva ancora qualcosa di infantile, nello sviluppo del corpo sembrava piuttosto un giovane ventenne: le fattezze, esaminate singolarmente, avevano una delicatezza e una dolcezza femminea, ma nel loro insieme assumevano una espressione di alterezza, quasi fiera e disdegnosa. E contrastava la umiltà delle vesti, con un portamento svelto ed elegante.

"Per bacco!" esclamò il pittore guardandolo con compiacimento: "ecco un modello magnifico! Che ne dite, don Giacomo?"

Giacomo Serpotta sbirciò il giovanotto, le cui guance si erano imporporate un po' per piacere, un po' per vergogna.

"Sì, avete ragione" disse.

Posò la chitarra, si alzò, distese le braccia, fece schioccare le dita, indi raccolto il cappello, aggiunse: "Be'! è ora d'andarmene."

E se ne andò infatti, salutando Pellegra con un buffetto, e i nuovi arrivati con un cenno del capo.

Don Girolamo Ammirata soddisfatto dell'impressione prodotta dal nipote, si era seduto sul canapè, intanto che il Bongiovanni, disceso dagli scalini, e deposti i pennelli, diceva: "Via, facciamo questa posa?"

Tolse da un angolo un elmo e una corazza, e porgendoli al giovanotto: "Andiamo!" aggiunse "mettiti questa roba."

Il giovanotto sorrise; aiutato da don Girolamo indossò, sopra il vestito, la corazza e si coperse il capo con l'elmo: il pittore gli porse una spada da combattimento dalla guardia larga, che egli cinse, poi lo condusse sopra un predellino e lo guardò ammirato.

"Per bacco! per bacco!.."

"Ecco Rinaldo!" disse l'Ammirata.

Il Bongiovanni battè le mani.

"Bravo! ecco un'idea!... Sapete che mi avete dato un'idea, don Girolamo? Rinaldo, sì... Rinaldo l'eroe del Tasso. Ecco... un'idea: Rinaldo e Armida... Rinaldo e Armida."

Si voltò, guardò Pellegra che in quel momento, tralasciati i vasetti e le tinte guardava con ammirazione il bel giovane, e le gridò: "Vieni qua tu; vieni qua... su!"

La prese per mano, la condusse sopra il predellino, vi spinse uno sgabello; vi fece sedere la figliuola, con una fretta, una febbre, un entusiasmo, come se quell'idea balenatagli nella fantasia alla evocazione di un nome l'avesse ossessionato. Don Girolamo sorrideva: Pellegra, un po' riluttante arrossiva fino al bianco degli occhi; il giovanotto non sapeva che fare, ma si sentiva impacciato accanto a quella fanciulla che aveva gli occhi smarriti di una colomba sorpresa.

Il pittore atteggiò la figlia in una posa che doveva rispondere a un concetto di seduzione e di tenerezza; poi fece sdraiare sulla predella il giovane, cercando di fargli assumere l'atteggiamento di un innamorato, col capo quasi sulle ginocchia della fanciulla, le mani nelle mani di lei. Ma selvatichezza o timidità, egli non era così docile.

Vincenzo Bongiovanni se ne disperava: "Ma che diamine!" gridava "sei una educanda? Non ha fatto mai all'amore?.. fingiti innamorato, per bacco!"

"Egli ha quindici anni appena!..." esclamò don Girolamo ridendo; "come volete che sappia coteste cose?"

"Quindici anni? Dite davvero? Gliene avrei dato diciotto almeno!.. Per bacco!... Ma benone, da un certo punto la cosa mi soddisfa... Benone. A ogni modo ciò non importa... Ma non bisogna essere timido! per bacco!... Un uomo con tanto di corazza e di spada! Di' un po': hai paura?"

Il giovane lo fulminò coi begli occhi castani.

"Dico, paura di mia figlia?" riprese don Vincenzo motteggiando: "non è mica brutta!"

I due giovanotti si guardarono arrossendo fin nei capelli, e abbassarono gli occhi confusi; don Girolamo intervenne rimproverando in tono di scherzo il pittore.

"Ma che diamine dite! Li mettete in soggezione, così."

"È vero. Avete ragione. Dunque, ragazzi, siamo intesi? Voi siete Rinaldo e Armida. Pellegra conosce Tasso; lo conosci tu? Hai tu letto la Gerusalemme? Bene. Dunque Armida ha incantato Rinaldo, che è cotto e stracotto di lei; immaginate di trovarvi nel giardino fiorito, sotto un cespuglio di rose... Non vi movete... Così!..."

Li aveva posti in atteggiamento appassionato, costringendoli a guardarsi, ma Pellegra teneva i suoi occhi bassi, quasi socchiusi e il giovanotto sentiva inumidirsi i suoi. Però guardava con curiosità e con interesse la fanciulla che la fatuità di don Vincenzo Bongiovanni (il suo cervello cominciava a dare segni di quel vaneggiamento che più tardi doveva oscurarlo) gli poneva tanto vicino, e la trovava di suo genio. Anche Pellegra, furtivamente, lanciava qualche occhiata a quel bel giovane suo coetaneo, che sotto quelle armature pareva uno di quei cavalieri incisi in vecchie stampe: e trovava piacevole il vederselo dinanzi ai ginocchi, come un innamorato.

Come un innamorato! Ecco un'idea che forse non le era passata mai per la testa, e che ora le empiva il cuore di una vaga confusione, di piacere e sgomento insieme. Forse per la prima volta, destato da quella finzione, l'istinto sessuale si manifestava in lei e la faceva arrossire e tremare dinanzi a un uomo.

Don Vincenzo Bongiovanni, però, non andava più oltre di quello che vedeva alla superficie: la commozione e lo smarrimento della figlia, aggiungendo una "espressione" al modello, gli accrescevano la soddisfazione. Egli disegnava febbrilmente per fissare la sua "idea", mentre don Girolamo Ammirata lo seguiva curiosamente.

"Ma benone! benone! per bacco!" esclamava di quando in quando don Vincenzo, non si sapeva bene se per approvare sè, o il gruppo, o tutti e due.

Poi depose il cartone e la matita, si alzò, guardando da lontano, e aggiunse: "Va benone, ripiglieremo la seduta, quando l'avrò trasportato sulla tela... Un quadretto così, non molto grande... figure terzine... Vedrete!..."

Si riposò un momento, stirando le braccia. I due giovani si erano lasciati con quel senso di sollievo di chi Si vede liberato da un grande imbarazzo. Il piacere che essi provavano, nel tenersi per mano, infatti li imbarazzava.