Beati Paoli

di Luigi Natoli

parte seconda, capitolo 15

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"Adesso che siete guarito" disse Coriolano della Floresta a Blasco, quel giorno medesimo in cui don Raimondo aveva tante brighe "tornate in casa mia. Verrò stasera a prendervi in carrozza per sottrarvi alla curiosità altrui."

"Mi farete un vero piacere" rispose Blasco, "perché vi confesso che mi sono sentito e mi sento a disagio qui."

"V'è mancata qualche cosa?"

"No..."

"Vi è riuscita pesante o indiscreta l'assistenza di questa brava gente?"

"Tutt'altro; non ho anzi che a lodarmi di loro... Ecco, io non ho dato loro neppure un grano; ho offerto quello che avevo e me l'hanno rifiutato in modo così risoluto che non ho avuto la forza di insistere; cosicchè io sono stato di peso a questa buona gente, che non sembra in grado di concedersi il lusso di una lunga e costosa ospitalità."

Coriolano sorrise.

"Non vi date pensiero di ciò. I vostri ospiti non incontrano alcun disagio, e voi non dovete loro altro che la gratitudine dell'assistenza. Ma di spese non ne hanno avute..."

"Allora vuol dire che voi..."

"Ma era ben naturale, buon Dio' e non vale la pena di parlarne. Aspettatemi stasera..."

Blasco gli prese le mani in un impeto di affetto.

"Oh, caro amico, come potrò mai sdebitarmi verso di voi?"

"Che diamine dite? Non vi ho mai sentito dire delle sciocchezze: vorreste cominciare?"

"Non potete impedirmi d'essere grato..."

"Questo è affare che riguarda la vostra coscienza."

"Nè di cercare il modo di dimostrarvelo."

"Questo non spetta a voi. Diamine, se avrò bisogno di voi, non aspetterò che voi lo indoviniate; verrò a domandarvi la restituzione, e con l'usura, di quel poco servizio che vi ho reso e così il conto sarà saldato! Aspettate, dunque, per parlarne."

Coriolano sorrise.

"Siete un uomo originale e magnifico, parola d'onore! Ma poi" aggiunse, mutando tono "c'è un'altra ragione che mi ha spinto, per così dire, a sollecitare la mia uscita..."

"Cioè?"

"Ecco, in questa casa c'è un certo odore di mistero, e voi sapete quanto mi sia odioso tutto ciò che sa di mistero..."

"Che mistero?" domandò Coriolano della Floresta con indifferenza.

"Ma... per esempio io non ho potuto mai vedere la faccia di questo Baldassare, il figlio della zia Nora..."

"Bella ragione! Tutto il giorno va a lavorare!... Va a divertirsi; è naturale."

"Sarà; ma la sera è in casa..."

"Avrà avuto paura di disturbarvi, o soggezione..."

"No, no; non è come dite. Ascoltate: più di una notte io ho sentito dei bisbigli nell'altra stanza e talvolta un andare e venire di gente. La notte scorsa pareva che di là ci fosse una compagnia di soldati... Non facevano chiasso, anzi avevano cura di parlare sommessamente e di camminare in punta di piedi, ma si sentiva che erano molti. Vi confesso che mi punse la curiosità e scesi dal letto pian pianino per vedere chi fossero..."

Coriolano lo guardò con attenzione.

"E avete veduto?"

"Niente. La porta era chiusa, il buco della chiave coperto, il lume spento. Il mio tentativo di aprire dovette essere sentito perché a un tratto si fece un profondo silenzio, e per quanto origliassi, non sentii più nulla!..."

"Ah!... vedete? Sarà stata un'allucinazione..."

"Non ero febbricitante..."

"Che vuol dire? Ma lasciamo andare questi discorsi. Stasera, comunque sia, voi ritornerete presso di me, e vi libererete di ogni apprensione. Va bene? A rivederci, dunque."

Blasco non aveva detto tutto; i suoi sospetti erano nati da un pezzo, e vari indizi glieli avevano fatto nascere e alimentare.

La seconda notte da lui passata in quella casa, tra il sonno e la veglia gli parve di veder errare intorno al letto delle figure strane, dai volti irriconoscibili, che a un suo gesto dileguarono improvvisamente ed egli ne ebbe l'impressione come di fantasmi sognati. Ma quelle immagini gli erano rimaste segnate nella memoria e gli erano sembrate simili a quelle delle persone che lo avevano raccolto per terra ferito. Un'altra notte destatosi improvvisamente, come se l'avessero chiamato, aveva udito distintamente nell'al'tra stanza una voce che non gli era sembrata nuova, per riconoscere la quale si era scervellato tutta la notte, ma invano. Non aveva potuto sapere in quale contrada si trovasse la casa in cui era ricoverato. La zia Nora non glielo aveva saputo dire.

E non gli aveva detto altro, mutando discorso, quando egli voleva saperne di più, o allontanandosi con un pretesto; il che aveva accresciuto quell'aria di mistero e aumentato il fastidio che il giovane ne risentiva. L'offerta di Coriolano, dunque, gli parve una liberazione e aspettò la sera con una grande impazienza. Egli pensava di vedere l'aspetto della casa e della strada, per poterle ritrovare e penetrare in quel mistero. Ma provò una delusione, quando, venuto il cavaliere della Floresta, trovò la carrozza quasi rasente la porta di casa, e sui vetri calate le tendine, in modo da non poter vedere nulla.

"Perché non alzate le tendine?" domandò a Coriolano, visibilmente contrariato.

"Perché la carrozza ha già per se stessa destato la curiosità e non voglio che vi vedano; quando saremo verso casa, naturalmente non avrò più bisogno di sottrarvi alla curiosità altrui: tutt'altro. A casa mia sanno che voi siete partito, e si crederà che io sia venuto a incontrarvi per la strada..."

La spiegazione era così plausibile che Blasco non trovò nulla da ridire. Lungo il tragitto Coriolano gli fece un po' di cronaca. La duchessa della Motta era partita per Messina, dopo essersi fatta dispensare dal servizio di corte e quella partenza aveva dato la stura a mille dicerie; ma forse era una missione diplomatica, osservò sorridendo il cavaliere della Floresta. Il principino di Iraci era stato bastonato solennemente, di notte, nel tornare a casa da una veglia.

"Bastonato? Come? Perché?"

"Il perché non lo so; il come, fu nella maniera più ingiuriosa per un nobile e per un vanitoso come il principino; gli hanno dato il "cavallo" come ai bambini irrequieti! Non si fa altro in città che parlare di questo fatto; la famiglia strepita e vuole vendetta dell'affronto; la nobiltà ha preso l'ingiuria come fatta a sè, e strepita anch'essa e il povero duca della Motta, che fu nominato Vicario generale per estirpare la mala pianta dei malandrini, si trova vessato da ogni parte, senza venire a capo di nulla."

"Ma da chi fu bastonato?"

"Dicono, o dice lui, dai Beati Paoli."

"Oh!... sempre costoro!..."

"Mah!..."

Le notizie erano così singolari. e attraenti, che Blasco non pensò neppure di gettare uno sguardo fra gli spiragli che il moto della vettura apriva fra le tendine e i vetri dello sportello. Poco dopo giunsero a casa e parve a Blasco di entrare in casa sua, dopo un lungo viaggio. Ritrovò la sua camera così come l'aveva lasciata, come se vi fosse mancato da poche ore.

La cena li attendeva. Essi cenarono allegramente da buoni amici, chiacchierando del più e del meno. Blasco ventilò l'idea del suo viaggio.

"Che cosa volete che faccia a Palermo, almeno per ora?"

"Dio buono, capisco che voi siete avvezzo a fare qualche cosa, ma in fondo che cosa fanno tutti i giovani cavalieri... e anche i vecchi? Vanno di qua e di là a conversazione, compiono i loro doveri religiosi, frequentano qualche bella donna, fanno della scherma, bastonano la povera gente, ogni tanto vanno a caccia, ogni meriggio al passeggio fuori Porta Nuova o alla Marina, e tutte le altre ore del giorno sbadigliano. Così fanno a Palermo, e così fanno altrove. Ignoro se nelle piccole terre, nei castelli, faranno qualche cosa di più; forse faranno man bassa sopra le figlie e le mogli dei vassalli e faranno bastonare quei poveri diavoli che osano protestare con sottomissione. Che altro possono fare? Essi non hanno altro dovere che mangiarsi comodamente le rendite del loro patrimonio..."

"Ma questa non è vita..."

"Lo so; ma non ce n'è altra per noi. Siamo nobili per questo. La sola cosa di ordine diverso che possiamo fare è di imparare a comporre un sonetto, con l'aiuto di un abate o del nostro vecchio maestro, e recitarlo in una accademia, in qualche occasione; il che può darci la reputazione di spirituali... E se voi, caro Blasco, avete menato una vita diversa, attribuitelo al non avere conosciuto i vostri lamenti e all'essere stato abbandonato a voi stesso; altrimenti anche voi vivreste così, senza costrutto..."

"Voi siete un uomo singolare, Coriolano; conoscete e giudicate sarcasticamente questa vita frolla e inutile, e anche voi..."

"Anch'io vivo la stessa vita; non è vero? Infatti è così, ma ho trovato un diversivo che si confà con le mie attitudini e abitudini. Studio."

"Studiate?"

"Non sui libri, badiamo. Il vostro stupore è ragionevole. Io studio gli uomini; un gran libro inesauribile, dorme la natura ha scritto e scrive tutte le genialità più inimmaginabili, la scoperta delle quali produce delle sorprese spiacevolissime. Così, mentre in apparenza io conduco la stessa vita degli altri cavalieri, in realtà esercito continuamente il mio spirito in una occupazione dilettevolissima..."

"Siete filosofo..."

"No. Osservatore e critico. Soltanto questo. Ma torniamo a voi. Dunque volete partire. Passerete per Messina?"

"Ecco una domanda insidiosa e maliziosa."

"Scusate. Potevate avere qualche curiosità di osservatore anche voi..."

"Oh no! per me sarebbe troppo malinconico. Io son nato per muovermi, per agire. Voglio vivere la vita, e la vita è nell'istante. Non ho dunque il tempo di osservare, come voi. Curiosa! noi siamo ai due antipodi e tuttavia andiamo d'accordo e ci sentiamo legati da una viva simpatia..."

"Non mi stupisce. Noi ci completiamo; voi avete quello che non ho io; ed io ho quello che in parte manca a voi."

Scambiarono ancora qualche parola, poi si separarono. Coriolano aveva qualche visita da fare: Blasco in verità non desiderava di meglio che rimanere un po' solo, per uscire a vagare per le strade e respirare un po' d'aria in piena libertà. Egli dunque prese la spada, si cacciò nelle tasche della sottoveste due piccole pistole e uscì di casa senza alcuna direzione determinata; ma appena posto il piede sulla strada, si domandò:

"Da che parte sono venuto? Da destra, se non erro. E poi?".

Macchinalmente prese la strada che egli supponeva fosse stata quella percorsa in carrozza, ma a un tratto si fermò irresoluto. Ricordava che la carrozza aveva fatto una svoltata, ma dinanzi a lui si aprivano una dopo l'altra tre strade parallele e non era possibile indovinare da quale egli aveva svoltato. Si affidò al caso, e imboccò la prima che gli venne. Sboccò nel Cassaro e ne seppe così meno di prima. Considerate bene le cose, rinunciò per allora al desiderio di sapere dove egli era stato ricoverato, e cominciò ad andare alla ventura gironzolando per le strade. Potevano essere tre ore di notte; la città entrava nel gran silenzio del sonno, turbato da qualche carrozza signorile o dall'errare dei notturni trafugatori delle spazzature, e di quella popolazione senza tetto e senza legge, che non si sapeva di giorno dove andasse a rintanarsi.

Blasco andava svoltando ora di qua ora di là. Senza accorgersene si trovò nella piazza del Monte di Pietà, dove un forte drappello di soldati s'era fermato e pareva prendesse gli ordini da un uomo in nero. Blasco si fermò un po' distante, curioso, l'ombra lo rendeva invisibile. Egli vide quel drappello dividersi in quattro gruppi, tre dei quali si allontanarono per tre direzioni diverse, ma evidentemente per convergere con un largo giro verso lo stesso punto. Non avevano lanterne, o forse ne avevano chiuse ermeticamente: non erano dunque ronde; quella manovra indicava che si trattava di qualche cosa straordinaria. Il quarto drappello imboccò la strada che conduceva alla piazza San Cosmo, ma i soldati che lo componevano se ne andavano alla spicciolata, rasente i muri, quasi celati nell'ombra, e lontani l'uno dall'altro.

"Dev'essere qualche pezzo grosso, pensò Blasco, che cominciava ad aspirare l'odore di una avventura. Me la voglio godere".

Si avviò dietro l'ultimo soldato camminando anche lui nell'ombra e si fermò a una certa distanza, donde poteva seguire le operazioni di quel corpo notturno. La notte era serena e, sebbene non ci fosse luna, le stelle diffondevano tanto chiarore che per l'aria e per le strade c'era come una specie di barlume sufficiente a vedere grossolanamente ciò che avveniva venti passi di distanza.

Blasco capì che la meta delle operazioni era una casetta a due piani posta sulla piazzetta. Egli vide infatti quattro soldati entrare nel portoncino, e poco dopo vide aprirsi uno dei balconi del secondo piano, e affacciarsi un uomo che gesticolava violentemente, e poi una fanciulla; ma i soldati furono loro addosso, li tirarono dentro, richiusero il balcone.

Uno di essi rimase sul terrazzino e vi si sdraiò, come in vedetta. In fondo a un vicoletto che s'apriva accanto alla casa, Blasco vide balenare per un istante le baionette di un altro gruppo, che forse aveva girato la posizione. Gli altri soldati s'erano nascosti dentro un portone. L'uomo in nero che li comandava era con questi.

"Aspettano qualcuno; è certo" pensò Blasco e si appostò anche lui, curioso di vedere lo scioglimento di quel dramma.

Passarono circa due ore; forse era mezzanotte. Una specie di popolano, a piedi nudi, venendo dalla Guilla si affacciò, guardò la piazza, e sparve. Quasi contemporaneamente dalla parte del Monte di Pietà un altro popolano, dall'aspetto simile al precedente, venne nella piazza, guardò intorno e sparve anch'egli. Poco dopo ricomparve, seguito da due uomini. Sebbene andassero disinvolti, si guardarono intorno con circospezione. Essi si fermarono a pochi passi da Blasco; uno dei due disse al popolano:

"Tu resta qui, se mai capisci che c'è odore di bruciato..."

"Vossignoria vada, so quello che devo fare..." Blasco pensò: "Se gli dà del vossignoria, costui non può essere un uomo del popolo...".

Il popolano rimase a spiare, intanto che i due si avviavano verso la casetta. Essi passarono dinanzi a Blasco, il quale, ubbidendo al suo impulso, li chiamò con un leggiero:

"Pssì..."

I due ristettero sorpresi, attoniti, guardandosi intorno insospettiti; Blasco era quasi invisibile. Per dare loro il modo di orientarsi, rinnovò la sua chiamata:

"Pssì!..." e aggiunse a voce bassa "di qua!... venite di qua..."

I due non si mossero: Blasco vide che cacciavano le mani sotto le vesti, come per armarsi. Allora uscì un poco dall'ombra e rapidamente disse:

"Non fate rumore inutile; la piazza è occupata dai soldati..." Quei due si voltarono vivacemente con un moto di paura.

Blasco continuò rapidamente:

"Se eravate diretti a quella casa, tornate indietro; ci sono i soldati dentro."

A queste parole i due uomini trabalzarono e si strinsero a Blasco. Uno di essi gli domandò a voce bassa, ma commossa:

"Come lo sapete?"

"Li ho visti: da due ore assisto alla loro manovra. Essi hanno circondato la casa; alcuni sono dentro; c'è n'è uno coricato sul terrazzino del secondo piano; fate attenzione e lo vedrete."

Si voltarono a guardare e videro, o credettero di vedere, qualche cosa di nero e informe. Uno stupore pieno di sgomento si stendeva sui loro volti. Pur tacendo, però, si interrogavano con lo sguardo, come per trovare la chiave di quella sorpresa.

"Grazie, signore! voi ci avete reso un servizio di cui vi siamo grati, e di cui non avrete a pentirvi mai."

"Oh, non è il caso di ringraziamenti; chiunque avrebbe fatto lo stesso, ma andatevene ora..."

Quelli non se lo fecero ripetere. Ritornarono indietro rapidamente. Blasco li vide dileguarsi nell'ombra e allora, soddisfatto del tiro giocato all'uomo in nero, uscì dal suo nascondiglio, per fare il giro della piazza, ma, fatti pochi passi, si trovò a faccia a faccia con l'uomo nero, che, uscito anche lui dal suo nascondiglio, con gesti di impazienza e di stupore, si fermava sorpreso da quell'incontro.

"Fermo lì!" intimò, traendo di sotto la casacca una lanterna cieca, e illuminando il giovane, e aggiunse quasi imperiosamente: "Vada via di qui!"

"Cioè, caro signor mio, dal momento che avete avuto la... diciamo così, la bontà di fermarmi, con tono abbastanza curioso, credo di avere il diritto di sapere chi siete, e chi vi ha dato il permesso di fermare un cavaliere..."

"Giustizia del re; vada..."

"Toh! voi siete la giustizia del re? Andiamo! la giustizia del re non può essere così screanzata e brutta. Voi siete probabilmente un imbroglione e un maleducato e io vi piglio per il colletto e v'insegno a trattare i pari miei!..."

Si avvicinò per afferrare il birro, che indietreggiò e, postosi sulla difensiva con una spada corta in pugno, gridò:

"Badi che la farò arrestare..."

"Vorrei vedere anche questa, pezzo d'asino!..."

Ma al rumore, ecco sbucare dal portoncino alcuni soldati che, coi fucili spianati, gridavano:

"Arrenditi, o sei morto!"

Al grido, dagli altri nascondigli, dalla casa occupata balzano fuori altri soldati, gridando anch'essi, mentre il birro con le mani levate in alto, disperato, esclama: "No! no! che diavolo fate!... Chi vi ha chiamato? Ah! maledizione!... tutto è perduto!..."

Blasco imperturbato, con le mani conserte, guardava con compiacimento limitandosi a dire:

"Ebbene? Che cosa hanno questi prodi guerrieri?..."

Ma il birro, furibondo, che vedeva sventato il suo appiattamento, gridava:

"Voi la pagherete! .. per Cristo; la pagherete!... Arrestatelo."

"Ah! ah!... anche questa? Ti sbagli, mammalucco!..."

Balzando indietro, e sguainàta la spada, Blasco si mise in guardia, minacciando di infilare il primo che avesse osato di mettergli le mani addosso. Ma non fu necessario. Un grido di dolore sfuggì a un soldato e fece arrestare e voltare gli altri; un altro grido seguì al primo; due grossi ciottoli rotolarono per terra. Altri ciottoli uscivano dall'ombra misteriosamente, cadevano fra i soldati, colpivano, mettevano la confusione e lo sgomento.

Non si vedeva chi li lanciasse; erano mani ignote, invisibili, che si moltiplicavano. Da ogni angolo buio volavano sassi: una gragnuola. Per un pelo non ne fu colpito lo stesso Blasco, che era rimasto a bocca aperta, con la spada in mano.

Tre, quattro soldati erano feriti, gli altri impotenti a difendersi da quella sassaiuola silenziosa e fitta, che pareva cadesse dal cielo, furono presi da un terrore misterioso, si sbandarono, indietreggiarono, fuggirono di qua e di là e il birro, non meno atterrito, dietro a loro, minacciando col pugno Blasco da Castiglione, che, dopo la sorpresa, scoppiò in una rumorosa risata.

Mezz'ora dopo la piazza era vuota. Blasco ringuainò la spada, ma era improvvisamente diventato serio e pensoso. Chi aveva tirato quei sassi? Donde gli veniva quell'aiuto imprevisto?

Riprese la via di casa col cervello pieno di quei pensieri, e non vide che al suo passare, di qua e di là dalla piazza, delle figure di popolani, simili a quelle vedute prima, si rannicchiavano sulle soglie delle porte e sotto i banchi delle botteghe, perdendosi nell'ombra.