Beati Paoli

di Luigi Natoli

parte terza, capitolo 3

Italiano English

Le due ombre nere, tolta di peso Violante, si calarono dalla scala, una dopo l'altra cautamente, reggendo la fanciulla svenuta. Giunte ai piedi della scala, liberarono quel corpo dalle coperte che l'avvolgevano, temendo che lo soffocassero.

"Non ci sono dei mantelli?.."

Attraversarono il giardino senza fare rumore, uscirono da un andito, fuori del quale altri uomini, neri anch'essi e irriconoscibili, aspettavano intorno a una portantina. Uno di loro coperse la fanciulla con un mantello, la cacciò dentro la portantina legandovela con una cinghia di cuoio, come si faceva per i cadaveri. Per precauzione le legarono le mani e la imbavagliarono.

La portantina fu sollevata; quegli uomini la circondarono e si mossero rapidamente. Attraverso alcuni vicoli bui, stretti e tortuosi sbucarono nel piano del Cancelliere; qualche minuto dopo risonarono i primi colpi di campana.

"Su, svelti.. Quelle sciocche metteranno la città a rumore.."

Percorsero il piano in meno che si dica, risalirono la via del Celso, e per la salita di S. Agata e per altri vicoli riuscirono nella strada dell'Incoronata accanto alla cattedrale. Lì si fermarono un istante. Violante era a poco a poco ritornata in sè, aprì gli occhi atterrita, credendo quasi di dover vedere intorno a sè demoni, vampe e mostri spaventevoli, e si vide sola, legata, dentro quella grossa scatola che sulle prime non riconobbe. Avvertì il movimento ritmico del passo dei portantini e una paura diversa s'impadronì di lei. Qualche cosa le ostruiva la bocca. Tentò di alzarsi e non potè. Si agitò; si contorse per liberarsi di tutti quegli impedimenti tremando per tutte le membra.

Dov'era? Con chi era? Era quello l'inferno? La portavano i demoni?...

Una voce minacciosa le disse dallo sportello:

"Guardati bene dal muoverti e dal gridare. altrimenti ti ammazzeremo."

Vide infatti balenare qualche cosa che poteva essere la lama di un pugnale o la canna di una pistola. Allora si mise a piangere. Perché volevano ammazzarla? Che aveva fatto? Dove la portavano? Non dunque demoni; maghi, forse? Non sapeva ella storie di maghi che rapivano le fanciulle e le tagliavano a pezzi e le mettevano nei barili? Un terrore più vivo, come quello che nasceva da un pericolo quasi invisibile, la invase; il senso della realtà destato da quella voce e da quel balenio, le gelò il sangue, la pietrificò. Che cosa poteva fare? Come poteva opporsi? Come liberarsi? Ella era legata in quella portantina e gli uomini che la portavano via erano molti. Erano maghi? Erano i "Greci di levante" che con le loro ribalderie mettevano tanto paura alla gente? Erano i corsari barbareschi che rubavano bambini e li portavano schiavi a Maometto?

Mentalmente cominciò a recitare orazioni e a raccomandarsi alla Madonna e via via che pregava il suo cuore si discioglieva, i singhiozzi salivano alla sua bocca, rompevano in gemiti soffocati.

La stessa voce di prima cercò di chetarla, ma con un tono così minaccioso, che non rassicurava.

"Sta' zitta, non ti faremo male! Sta' zitta.. non aver paura!.."

Ma se lei moriva di paura!..

La portantina riprese il cammino, passò dinanzi la chiesa dell'ospedale dei Sacerdoti, e per un vicolo, ora chiuso, sboccò nel piano del Palazzo Reale, buio, silenzioso, nella cui vasta ombra si perdette.

Dove andava? Ora entrava in strade dove i passi che calpestavano il selciato non risonavano come prima, e dove il suono delle campane giungeva più debole: poi a un tratto Violante sentì un buffo d'aria più fredda colpirla in volto e penetrarle fra le gambe.

Intanto il bavaglio la soffocava: almeno la liberassero da quel supplizio Si mise a gemere più forte e a dimenarsi dentro la portantina. La stessa voce disse con asprezza:

"Non vuoi dunque capire che non ti faremo niente? Sta' cheta."

Ma Violante continuò a dimenarsi e a gemere più forte e a pestare i piedi sul fondo della portantina. La voce ordinò:

"Fermate."

Violante vide allora aprirsi la tendina e affacciarsi un uomo mascherato. che, alzando sopra di lei un lanternìno, le domandò:

"Che cos'hai? Perché non vuoi stare cheta? Bada a te!..."

Ma il volto della fanciulla doveva esprimere una tale sofferenza, doveva avere l'aspetto così stravolto e quasi congestionato, che l'uomo capì.

"Ti dà fastidio il bavaglio?.. Ebbene, te lo toglierò; ma bada a te!... Se griderai ti trapasserò la gola con questo."

Alle parole aggiunse l'atto; con la punta scintillante del pugnale le toccò la gola.

"Prometti di stare zitta?" le domandò l'uomo.

Violante fece segno di sì: quegli le tolse il bavaglio e la fanciulla respirò con violenza e, come se ai singhiozzi fosse stato tolto il guinzaglio, essi irruppero dal suo petto, irrefrenabili e convulsi.

"Non aver paura, diamine! Non ti mangeremo."

La portantina riprese il cammino. Nell'aprirsi della tenda, al riflesso della lanterna, Violante vide balenare allo sguardo un muro campestre dal quale pendevano rami. Era dunque in campagna. Allora le parve di comprendere e un nuovo spavento le fece battere i denti e tremare la persona. Si udivano in quei giorni tanti racconti di persone sequestrate da malandrini che imponevano grosse somme per il riscatto, che non dubitò di essere vittima di uno di quei perfidi delitti. - Oh, Signore, aiutatemi voi!... - Perché prendere lei, che era povera fanciulla senza difesa? Dove la portavano? Forse in una grotta, in una grotta spaventevole dove entravano lupi e serpenti. Oh, meglio morire! meglio morire!.

Tentò le vie della pietà.

"Signore, mio buon signore.." mormorò con voce lacrimosa.

"Che cosa vuoi?"

"Abbiate pietà di me!... Portate mi a casa!.. Ve ne scongiuro! Non ho fatto nulla io.. Perché mi volete ammazzare?"

"Non dire sciocchezze!"

"Se vi ho offeso vi domando perdono; ve lo domando in ginocchio... vi bacerò i piedi!... Ma lasciatemi andar via!."

"Non dire sciocchezze!"

"Io non vi conosco, non so chi siete... ma so che avete figli... se io fossi una figlia vostra..."

"Non dire sciocchezze!" replicò per la terza volta con asprezza l'uomo mascherato.

"Oh, Dio!... Dio!... abbiate pietà di me!..."

Piangeva disperatamente. L'uomo non le dava retta e la lasciava piangere, ma a un tratto, scostò la tendina, ficcò il volto dentro la portantina e le disse coi denti serrati:

"Taci, per Cristo, o ti scanno!"

Ella atterrita soffocò un singhiozzo. In quel momento di silenzio udì risonare sopra il selciato lo scalpitio di un cavallo e una subita speranza le nacque nel cuore. Si accorse che la portantina s'era fermata, tirandosi da una parte, come per lasciare libero il passo o per non incontrarsi. Lo scalpitio si fece più vicino: non risonava più come prima, ma se lo sentiva quasi accanto: il cavallo nitrì e sbuffò. Allora Violante raccolse tutte le sue forze e gridò:

"Aiuto!"

Ma l'uomo, precipitatosi sullo sportello, cacciato il braccio dentro, le turò violentemente la bocca, accompagnando l'atto con una bestemmia.

"Ohè!" gridò una voce maschia e gagliarda. "Che cosa c'è costì?.."

La portantina, uscita fuori dalla città dalla Porta di Montalto, ora distrutta, per vie di campagna era arrivata all'estremità del ponte dell'Ammiraglio, nel momento stesso che dalla parte opposta un uomo a cavallo guadagnava il vertice e scendeva verso di essa. Egli aveva guardato con stupore e curiosità nell'ombra della notte quello strano corteo, composto di quattro uomini e due portantine, in quell'ora e in quel sito. Non era viatico, perché non era accompagnato da torce e da lanternoni; non era medico o levatrice, perché c'era troppa gente: non un arrestato, perché non andava, ma si allontanava dalla città e in campagna non c'erano prigioni: dunque o era un signore che andava in un suo podere, a quel modo e in quell'ora, e certo non poteva essere che un pazzo, o c'era qualcosa di sospetto e di irregolare. Il grido di aiuto, mandato da una voce tremante di donna, lo fecero fermare e apostrofare a quel modo:

"Chi c'è costì?" ripetè spingendo il cavallo.

Ma quegli uomini gli sbarrarono il passo, e di sotto i mantelli in cui erano avvolti, trassero carabine; uno di loro minacciò:

"Andate per i fatti vostri, o... per la Madonna!..."

"Oh! oh! oh!" rispose la voce; "per bacco! signori malandrini, vi date troppo disturbo.. e nel tempo stesso sbagliate indirizzo, se credete che cotesti arnesi mi facciano paura!".

Violante si dibatteva per liberare la sua bocca e gridare; l'uomo che gliela chiudeva, le gridava sottovoce:

"Sta' zitta, sta' zitta, o ti ammazzo!"

La portantina vibrava. Il cavaliere non distava dal gruppo che otto o dieci palmi. Che cosa faceva? Il suo cavallo fremeva tutto e tremava nervosamente. Egli pareva che volesse parlamentare.

"La mia domanda," continuò il cavaliere "può essere una indiscrezione, ma non è un'offesa."

"Finiamola! e andate via!..." gridò uno di quegli uomini.

L'uomo che impediva a Violante di gridare esclamò:

"Ma sbrigatevi, perdinci!... Cacciatelo!..."

Egli non aveva finito di parlare, che in un baleno il cavallo diede un guizzo, e saltò addosso agli uomini, che, sgomenti, per pararsi da quell'improvvisa furia tentarono di sbandarsi di qua e di là; e non si erano riavuti, nè avevano ripreso l'offensiva, che sentirono piombarsi addosso formidabili mazzate. Il cavaliere, infatti, brandito per la canna lo schioppo che teneva a traverso l'arcione, e maneggiandolo come una mazza da guerra, aveva colpito i due più vicini.

Lampeggiarono due colpi di fucile; una palla portò via il cappello del cavaliere, un'altra si schiacciò sulla piastra metallica della bandoliera a cui il cavaliere teneva sospesa la giberna. Tutto ciò avvenne così rapidamente, che l'uomo il quale teneva Violante non potè rendersene subito conto. Ma quando s'accorse che due dei suoi uomini giacevano per terra e che il cavaliere s'era gettato vigorosamente con la spada sguainata sopra gli altri tre, egli, sciolte le cinghie che tenevano la fanciulla, la prese fra le braccia, gridando:

"A me, Andrea!" e si slanciò verso il fiume.

Uno degli uomini gli corse dietro.

Violante gridò: "Aiuto! Aiuto!..."

Il cavaliere udì il grido, vide quella fuga, e allora, incalzati i due che rimanevano di fronte, tempestandoli di colpi, costrettili alla fuga, volse il cavallo dietro i rapitori della fanciulla, che erano entrati nel fiume.

L'Oreto no! è in quel punto così sotto che un uomo non possa guadarlo, nè erano ancora cadute le piogge ad ingrossarlo. Quei due uomini, tenendo saldamente la fanciulla sollevata sulle loro spalle, tagliavano la corrente per guadagnare l'altra riva con una velocità prodigiosa, ma il cavaliere aveva il vantaggio del cavallo.

"Perdinci! Non mi scapperete!" gridava il cavaliere, che era già loro addosso.

Allora uno di quegli uomini levò in alto il braccio armato di pugnale e, minacciando la fanciulla, rispose:

"Un solo passo che fate ed io ve la scanno qui, come un agnello!..."

Non finì la parola che il cavaliere, allungandosi sul collo proteso del cavallo, gli menò sul pugno un violento colpo con la spada, che gli fece balzare via il pugnale.

"Maledizione!" urlò il colpito, cercando qualche cosa per difendersi.

Il compagno gli suggerì rapidamente:

"Portate voi la fanciulla, io baderò a lui."

Trasse una pistola, intanto che il primo si caricava la fanciulla sul collo, ma Violante, cui quell'aiuto inaspettato aveva infuso speranza e coraggio, cominciò a contorcersi, come per divincolarsi, imbarazzando il suo rapitore e ostacolandogli la rapidità. La pistola, forse perché bagnatasi, non fece fuoco: l'uomo allora si abbrancò alle briglie del cavallo, sforzandosi di tuffargli la testa nell'acqua, ma il cavaliere gli scaricò sulle dita una serie di colpi, alcuni dei quali si smorzarono nell'acqua; altri ferirono. L'uomo dovette lasciare le briglie bestemmiando. Il cavaliere ne approfittò: lo prese per il petto, lo squassò terribilmente, lo ributtò indietro; quegli perdette l'equilibrio, si tuffò, sparve sott'acqua.

"Arrì, Biondello!" gridò il cavaliere, spingendo il cavallo addosso all'uomo che fuggiva con Violante.

Egli arrivò a ghermire la fanciulla per i capelli scomposti e disciolti, intanto che vibrava un colpo di spada al suo rapitore, che mandò un grido di dolore disperato e lasciò cadere il suo carico. Il cavaliere fece in tempo a raccogliere la fanciulla e a tirarsela sull'arcione. Il cavallo, come se avesse intuito che bisognava affrettarsi, diede due vigorose zampate e raggiunse la sponda.

"Su, via!" disse il cavaliere spronandolo.

Il cavallo scosse la groppa per togliersi l'acqua, nitrì, e si spinse su per il declivio erboso della sponda. Violante aveva gli occhi pieni di lacrime e non sapeva che dire; il cavaliere non la guardava ancora: s'era volto indietro a vedere i due rapitori che ripreso animo si affrettavano anch'essi dietro a lui, per raggiungerlo. Egli spronò, incitò la bestia, che, guadagnato il ciglio, si mise al trotto.

"Ah! eccoci liberi!" disse il cavaliere, e guardò questa volta la fanciulla, stupito al vederla tanto bella, sebbene ancora spaventata e lacrimosa. Egli le disciolse le braccia, l'accomodò meglio sulla sella davanti a sè e aggiunse: "Siamo molli come due pulcini nell'olio! Bisogna trovare un luogo per asciugarci."

Si accorse che la fanciulla era malamente coperta da un mantello e che aveva i piedini nudi e disse:

"E poi... Come mai siete quasi nuda?"

E la guardò in volto con una curiosità piena d'interesse e con uno stupore sempre più crescente.

Violante lo guardava anche lei, ma sul suo volto errava una gran gioia: poi mormorò con accento inesprimibile:

"Il signor don Blasco!".

Il giovane trasalì; guardò la fanciulla e disse con una profonda commozione: "Ah, quegli occhi!. Chi siete? Come mi conoscete?"

"Sono Violante... Violante della Motta.... Vi ho veduto tante volte al monastero!..."

"Voi?... Ah! la monachella? La educanda? Voi! E quegli uomini? Ah!"

La verità si era improvvisamente rivelata alla sua mente, e allora colto da una paura quasi superstiziosa, ficcò gli sproni al ventre del cavallo e lo spinse al galoppo.

"Tenetevi forte a me e non abbiate paura," disse alla fanciulla.

Ella gli cinse il collo con ambe le braccia, stringendoglisi al petto col confidente abbandono dell'innocenza e non si accorse del tremito che percorse le carni del cavaliere. Mormorò con ferma convinzione:

"Oh no, non ho più paura, ora!.."

Oltrepassavano villaggi miseri e sparuti sui quali la luna spandeva una luce misericorde, destando i latrati dei cani, che si propagavano di villa in villa, sempre più deboli: essi erano soli, nella notte, per la campagna fiancheggiata dal monte, che si innalza cupo, gettando dalle rupi sporgenti grandi ombre, nere come abissi sugli avvallamenti e sulle falde. Così alto, così cupo, così pieno di ombre e di misteri, il monte incuteva un orrore sacro e religioso.

Essi non parlavano: il cavallo andava ora di buon passo poichè non si poteva più temere di essere inseguiti. Dove andavano?

Egli non lo sapeva: ora che erano al sicuro cercava una casa, un riparo: bisognava pure che la fanciulla potesse ristorarsi. Dov'era una casa?

Vide al lume della luna, tra il fogliame degli alberi, uno di quegli edifici campestri, tra la casa e la torre, come ancora se ne trovano nei poderi delle antiche famiglie signorili. Lì c'era probabilmente il "curatolo" che non avrebbe sdegnato ospitalità, e si sarebbe trovata una stanza conveniente per la fanciulla.

Voltò il cavallo e lo cacciò per un sentiero, in fondo al quale, fra due rozzi pilastri, era un cancello di ferro battuto. Blasco accomodò Violante in sella e smontò. Il cancello era chiuso: egli introdusse la mano fra le spranghe, cercò il catenaccio e lo tirò. Dei cani, latrando furiosamente lungo il viale corsero al cancello. Blasco li minacciò, ma per non esporsi ai denti di quei vigili custodi, si diede a picchiare con un sasso sul cancello e a gridare:

"Olà!... Ohè!..."

Qualche istante dopo, una voce dal fondo del viale rispose:

"Chi è?..."

"Richiamatevi i cani.. sono un amico!"

"Che amico?"

"Sono un cavaliere! Ho bisogno di un favore.. fatemi il piacere di venire ad aprirmi!..."

Una lanterna avanzò a zigzag per il viale; un uomo armato di archibugio si fece più visibile avvicinandosi. Egli si fermò a una certa distanza, alzò la lanterna fino a illuminare pienamente il volto di Blasco, la posò per terra e disse:

"Che cosa vuole?.."

"Nient'altro che il favore di darci ricovero per poche ore, fino a domattina... Saprò ricompensarvi. Siete il "curatolo"?"

"Sissignore. Passa via!..."

Cacciò i cani che ringhiavano e latravano e si avvicinò al cancello a guardare meglio, sospettoso ancora. Blasco gli disse:

"Sentite, amico, se avete qualche dubbio, ditelo pure; non vi disturberò, e troverò qualche brava persona qui d'intorno. Ho picchiato qui, perché ho visto una villa decente per fare riposare la signorina. Voi vedete che siamo fradici.. E perché suppongo che voi siete "cristiano"".

Il curatolo vide il cavallo, vide la fanciulla, riconobbe di aver da fare con gente di qualità, aprì il cancello e disse:

"Vossignoria favorisca. Questo podere è del signor principe di Trabia."

"Don Ottavio?" disse Blasco. "Tanto meglio, è mio amico."

Blasco prese il cavallo per le redini e lo trasse dietro per il viale; aiutò Violante a smontare e, presala in braccio, avvolgendola meglio che potè, la portò dentro, in una stanza, dicendo al curatolo:

"Adesso, amico mio, bisogna provvedere a questa povera fanciulla che è salva per miracolo di Dio. Come vedete è scalza e molle."

Gli raccontò brevemente quello che era occorso, tacendo il suo nome e quello della fanciulla. Il curatolo ascoltò stupefatto, ma con un lieve sospetto malizioso in cuore.

"Mi spiace," disse, "di non avere donne in casa; ma accomoderemo. Sopra c'è la stanza di sua eccellenza... per quando viene al podere... e c'è un buon letto."

Guidò con la lanterna i due giovani in una bella camera; trasse da una cassa intagliata della biancheria, e acconciò il letto di ferro battuto a fogliame e dipinto in rosso e turchino, con doratura: uno di quei magnifici letti di industria paesana, che ora non si trovano più, ma che nei musei di Germania e di Inghilterra meravigliano per la squisitezza del lavoro e dei disegni.

"Mettetevi a letto e riposate tranquillamente;" disse Blasco alla fanciulla, che ora se ne stava timida e vergognosa "io starò di là."

Ma Violante, colta da un improvviso terrore, gli si attaccò al collo, dicendo:

"No, no; non mi lasci, signor don Blasco; non mi lasci... ho paura!. non voglio rimanere sola.."

Blasco si sentì venir meno, e balbettò:

"Ma sì, figliuola mia; non vi lascerò.. Solo il tempo di coricarvi... ne avete bisogno... è necessario rasciufarvi anche la camicia..."

Il curatolo parve imbarazzato.

"E dove prenderò una camicia da donna?..."

"Non occorre che sia da donna.. ce ne sarà qualcuna da uomo..."

Poco dopo Violante infagottata in una camicia di grossa tela, ma fresca di bucato, si cacciava sotto le coltri, sorridendo di quel suo travestimento, e chiamava:

"Signor don Blasco, signor don Blasco!"