Beati Paoli

di Luigi Natoli

parte terza, capitolo 18

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Inseguito come un lupo, correndo a zig zag fra i cespugli e i massi, caricando nella fuga il fucile e sparando contro i suoi inseguitori più vicini, Blasco guadagnava la vetta del colle.

Dietro a lui si affannavano i compagni d'arme; dapprima si erano gettati all'inseguimento tutti insieme, come in colonna; ma il capitano, ai primi colpi aggiustati di Blasco, distese i suoi uomini a catena, ne avviò parte per la strada, parte dal lato opposto, per aggirare e tagliare la fuga al giovane. Ma per potere veramente stringerlo in un cerchio e prenderlo, avrebbe dovuto disporre del triplo delle forze che aveva sotto i suoi ordini. Uno dei compagni era caduto; due avevano raccolto Matteo Lo Vecchio per portarlo a Misilmeri; altri quattro ne aveva inviato prima, per accompagnare Cristiano e il campiere. Dei suoi ventiquattro uomini dunque ne mancavano sette: egli non poteva compiere la sua mossa che con diciassette uomini, il che rendeva problematico poter prendere vivo Blasco; diede ordini ai suoi di avanzare sparando, in modo da far credere all'inseguito di essere stretto e minacciato da ogni lato.

Lo spesseggiare dei colpi faceva da lontano supporre che si fosse impegnato un vero e proprio combattimento e da due punti opposti, due gruppi diversi, udendone l'eco più o meno lontana, lo supposero, pur mutando qualche elemento della loro supposizione.

Cristiano, il campiere e i quattro compagni d'arme credettero che il grosso del drappello fosse venuto alle prese con gli altri campieri; i tre campieri fuggiti, invece, immaginarono che Blasco avesse trovato qualche casa o ricovero, donde sostenesse il fuoco.

"Lo lasceremo solo?" disse uno di essi.

"Andiamo!" rispose l'altro.

Guidati dagli spari, spinsero i cavalli. Incontrarono le due lettighe, raccolsero qualche informazione, e allora, presa la loro decisione, spronarono i cavalli e si slanciarono di galoppo lungo il sentiero, per il quale erano stati avviati i prigionieri. Ben presto li scorsero. I compagni d'arme s'erano fermati tendendo l'orecchio per orientarsi e in questo atteggiamento furono colti improvvisamente da tre fucilate e da grida:

"Lasciali! lasciali! ..."

Sorpresi da quelle pallottole che fischiarono loro sul capo, i compagni d'arme colti da sgomento, fuggirono abbandonando Cristiano e il campiere, legati sui cavalli; la loro fuga ebbe un contraccolpo nel grosso dello squadrone che dava la caccia a Blasco, su per il colle; giacchè quelle fucilate e lo spavento dei compagni d'arme, che il capitano dall'alto vide fuggire, gli fecero credere a un contrattacco, al quale stimò prudente opporsi e, radunati i compagni d'arme più vicini, si preparò. I campieri, slegati i due prigionieri, avevano cominciato a tirare fucilate verso il colle, contro i compagni d'arme; ciò produsse naturalmente una diversione e rallentò la caccia; i campieri sparando e retrocedendo attiravano a sè i compagni, verso il sentiero; poi fuggirono lasciandosi inseguire.

Intanto che tutti si allontanavano da quel luogo, Blasco superando quei colli e quei poggi, scendeva verso la città. Era lacero, ferito all'omero lievemente, contuso, ansante, inselvatichito; il suo aspetto avrebbe richiamato l'attenzione della gente e lo avrebbe esposto a nuovi pericoli: chiese ricovero presso quella taverna donde aveva veduto per la prima volta passare Violante vestita da educanda; bastò una occhiata espressiva per intendersi col taverniere. Ivi aspettò la sera, nascosto in un soppalco e vide, non visto, la compagnia d'arme, di ritorno dalla inutile impresa, fermarsi a bere e a parlarne, tra bestemmie e giuramenti; e udì che Matteo Lo Vecchio era morto.

Quando fu sicuro di poter uscire, Blasco, camuffatosi con un mantello e con un cappellaccio tondo di feltro, se ne andò. Coriolano se lo vide comparire, poco dopo l'Avemaria, in quello abbigliamento e ne rimase stupito.

"Ebbene?" domandò premurosamente. "Che cosa è accaduto?"

"Caro amico," rispose gaiamente Blasco "io credo di avere ricevuto dal mio signor padre un dono, di cui non so se debba essergli grato o no; egli non mi ha dato nè un patrimonio, nè un reggimento, ma un brevetto d'immortalità."

Gli raccontò scherzando, ma sotto lo scherzo si sentiva l'amarezza, quanto era avvenuto dal suo arrivo al castello della Pietra fino al suo giungere alla taverna. Coriolano passava da uno stupore all'altro. Interrompeva il racconto dell'amico con qualche esclamazione; alla fine parve chiudersi un po' dentro di sè.

"Quello che ora mi preme sapere," disse Blasco "è se le dame sono arrivate a casa loro, senza altro incidente..."

"Sono arrivate," rispose Coriolano, "sane e salve. Ma, scusate, non è di esse che bisogna preoccuparsi..."

"E di chi dunque?"

"Di noi..."

"Come sarebbe a dire?"

"Eh, ci vuol poco a capire quello che ne seguirà. Un nuovo e più feroce bando contro di voi e la facoltà data a chiunque di ammazzarvi, volendo, senza pagarvi un grano, anzi guadagnandoci sopra una grossa taglia, e una serie di seccature contro di me, per riflesso dei miei campieri; ma questa è la minore, saprò cavarmi io d'impiccio..."

"Invece quel che più mi duole è appunto il fastidio che vi procuro. Quanto a me non ci penso. Non vi ho detto che sono immortale? E poi ho già preso la mia decisione."

"E sarebbe?"

"Parto."

"Perché partite?"

"E che cosa volete ora che io faccia? Non avevo preso che un doppio impegno: la liberazione di Emanuele e dei suoi benefattori, e quella delle dame della Motta. Ora non mi resta più nulla da fare..."

"Credete?..."

"Come non crederlo?"

"Abbandonereste dunque Violante all'odio geloso di donna Gabriella?"

"E di chi altro dovrebbe essere gelosa se non vi sarò?"

"Ma appunto perché vi allontanate, la duchessa, perdendo ogni speranza di riconquistarvi, si sfogherebbe sopra la fanciulla..."

"Quello che dite, infatti, è vero, ma..."

"Ma voi dovete mettere Violante al sicuro da ogni attentato..."

"V'è suo padre..."

"Un padre non è un amante... o un marito..."

"Oh! ... Vorreste forse che io sposassi donna Violante Albamonte?"

"Perché no?" disse Coriolano tranquillamente.

Blasco diede in una fragorosa risata, che in fondo aveva lo spasimo di un singhiozzo.

"Ah, per bacco, il bel matrimonio: la figlia del duca della Motta, una Albamonte che diventa moglie di un tal Blasco da Castiglione!..."

"Eh, no! Sarebbe invece donna Violante Albamonte figlia del cavaliere della Motta, che diventerebbe moglie legittima di suo cugino, don Blasco Albamonte..."

"Caro amico, fra quattro giorni spero di partire per la Spagna; andrò a servire i vecchi re serviti dagli Albamonte; procuratemi qualche vascello inglese o francese per mia sicurezza, sarà l'ultimo favore che vi chiederò... E parliamo di altro... Avete veduto mio fratello Emanuele?"

"L'ho veduto. Don Girolamo l'ha condotto da me..."

"Non sa egli ancora la sua origine?"

"Credo che non sappia nulla, nè mi sembra opportuno e conveniente rivelargliela ora... È bene che aspetti il suo ventunesimo anno. Quando sarà maggiorenne e potrà amministrare il suo patrimonio, ve l'ho già detto, allora sarà il momento di comunicargliela. Intanto andate a ripulirvi, amico mio; vi aspetterò a cena, e a mezzanotte uscirete con me..."

"C'è forse adunanza?"

"Sì..."

"E intervenite voi? ..."

"Sì..."

"C'è qualche grossa faccenda?"

"Grossissima... e che vi può riguardare..."

"Voi mi mettete in curiosità."

"Andate a riabbigliarvi, caro Blasco."

Blasco entrò nella sua stanza, si spogliò, medicò alla meglio la sua ferita e si buttò sul letto, un po' stanco e ancora agitato da così diverse e intense emozioni. Quell'idea buttata lì da Coriolano come una soluzione, lo empiva di un dolore disperato e profondo, che gli faceva sentire tutta la crudezza della sua condizione. Ma la giovinezza e la natura poterono più del dolore, ed egli si addormentò profondamente.

Coriolano era rimasto solo e pensieroso, nella sua grande sala da pranzo, seduto su un seggiolone di cuoio, imbullettato; aveva accanto una borsa di cuoio, dalla quale traeva a volta a volta dei fogli di carta che leggeva attentamente, annotandovi con una matita qualche parola.

Tre colpi risonarono a una parete a uguale intervallo. Egli si avvicinò a un piccolo specchio chiuso in una cornice di tartaruga intarsiata di rosoni d'avorio, e premette il dito su uno di essi. Una porta, perfettamente mascherata, si aprì nella parete e comparve don Girolamo Ammirata.

"Entrate," gli disse Coriolano. E andò a chiudere a chiave la porta dell'anticamera.

Don Girolamo, a un cenno del cavaliere della Floresta, sedette.

"Ebbene?" domandò questi.

"Tutto è preparato."

"Avete avvertito il nostro notaio?"

"Sì, signore."

"I testimoni?"

"Sono pronti."

"Sta bene. C'è altro?"

"Ho le prove che Nino Bucolaro ci tradisce... Ha spedito Matteo Lo Vecchio e la compagnia rurale di capitano Mangialocchi contro i campieri e il signor Blasco..."

"Siete sicuro che sia stato lui?"

"Sicurissimo: avevo posto l'Orbo alle calcagna del birro. L'Orbo ha veduto il birro andare di notte in casa di Antonino Bucolaro..."

"E poi?"

"Poi, l'indomani, Antonino venne a trovarmi a casa, per parlarmi..."

"E che cosa vi disse?"

"Cominciò a parlarmi di cento cose; poi mi confermò che Blasco è in possesso dei nostri documenti e che è un traditore, perché invece di operare secondo gli ordini e gli statuti nostri, agisce per suo conto. Io fingevo di credergli. Ordinai all'Orbo di tenere d'occhio anche lui. Ebbene lo Orbo vide, la stessa sera della partenza del signor Blasco, Antonino Bucolaro e Matteo Lo Vecchio travestiti andare alla taverna di zi' Alessio, sotto Santa Cristina la Vecchia, dove poco dopo si fermò una carrozza senza stemma e senza servi. Antonino Bucolaro e Matteo Lo Vecchio uscirono ed entrarono nella carrozza, che si allontanò di passo per la strada di Papireto. Presso le Mura quei due smontarono. L'Orbo, che si era accoccolato sul predellino di dietro, li lasciò andare, e seguì la carrozza fino al palazzo della Motta..."

"Eh?."

"Nella carrozza c'era il duca. Il giorno dopo Matteo Lo Vecchio fu visto col capitano Mangialocchi e stamattina essi sono partiti per la strada dell'Abate, evidentemente verso Misilmeri, donde doveva venire il signor Blasco..."

Coriolano ascoltava in silenzio, corrugando le sopracciglia: era il solo segno di commozione che desse il suo volto. Quando don Girolamo tacque, egli disse:

"Nino Bucolaro fu avvisato anche lui per questa notte?"

"Sì, signore."

"Sta bene. Bisogna preparare i soffianti e tenersi pronti per ogni sorpresa."

"Ho capito."

"Potete andare."

Girolamo Ammirata uscì dallo stesso andito donde era entrato; la parete ritornò al suo posto; Coriolano andò a girare la chiave nell'uscio e nessuno, entrando, avrebbe mai potuto immaginare che un minuto prima vi fosse stata lì un'altra persona.

Poco dopo, Blasco si svegliò e ricordandosi di essere aspettato, si vestì in fretta e scese nella sala da pranzo dove Coriolano, sdraiato nel seggiolone, dormiva o fingeva di dormire, accanto al braciere che ardeva in una coppa di ottone.

Al rumore che egli fece, entrando, Coriolano aprì gli occhi senza muoversi.

"Toh! siete voi! non v'aspettavo più: sedete."

"Mi sono addormentato: ero così stanco... E avevo anche qualche piccola ferita da medicare."

"Come? Siete ferito e non me l'avete detto?"

"Oh non valeva la pena; una bruciacchiatura all'omero e una contusione..."

"Meno male; non saranno tali, dunque, da togliervi l'appetito.."

"Al contrario: ho una fame da lupo..."

"Ne sono contento."

Suonò e ordinò che si servisse la cena: una minestra di verdure, un pollo arrosto, del formaggio e della frutta secca, e un paio di bottiglie di vino vecchio di Castelvetrano.

"Buono questo vino;" disse Blasco.

"Vi piace?... Quando avrete casa, ve ne manderò qualche botte..."

"Allora non l'avrò mai!..."

"Perché? Sta in voi..."

"In me? Ah! ah! capisco! diventando don Blasco Albamonte e sposando... eccetera, eccetera!... Scusate, Coriolano, vi siete messo a fare il mediatore di matrimoni?"

"Per voi, sì... Parliamo sul serio, Blasco..."

"Volete davvero che prenda sul serio coteste cose?..."

"Perché no? Solo che voi mi lasciate fare, rimettendovi pienamente a me."

"Voi destate la mia curiosità e mi spingete ad affidarmi al vostro patrocinio."

"Siate sincero, Blasco, ma perdonatemi se vi interrogo su particolari che certamente e naturalmente vi piace serbare nel fondo dell'anima. Mi promettete di rispondermi con tutta sincerità? ..."

"Ve lo prometto, sebbene il preambolo sia tale da mettermi in guardia..."

"Amate voi donna Violante?"

Blasco arrossì e cercò di eludere la risposta.

"Che domanda! ..."

"Rispondete sì o no, per bacco! non siete una educanda..."

"Ebbene, sì, l'amo. Che volete? E un amore strano, fatto di tenerezza, che ha del paterno anche, e che nel tempo stesso ha tutte le dedizioni di una devozione senza fine."

"Non vi domando l'apologia del vostro amore, che so leale, puro e cavalleresco... Ditemi piuttosto, sinceramente, se vorreste sposarla. Non discutete la probabilità, rispondete sì o no..."

"Sì, sì, sì! ..."

"Finalmente! Si direbbe che facciate la vostra prima confessione. Ora io vi dico che sta a voi e a me che sposiate donna Violante..."

"A voi e a me?"

"Sì. La cosa è semplicissima... Voi, Blasco, comincerete col consegnarmi un plico rubato da Matteo Lo Vecchio a don Girolamo Ammirata, e da voi tolto da una bisaccia, venuta nelle vostre mani in circostanze note; plico il quale contiene delle scritture che non vi riguardano; che avreste dovuto restituire - scusatemi - a coloro cui appartenevano, e che io di giorno in giorno aspettavo di vedermi restituire da voi... A persuadere chi di dovere della convenienza delle nozze che io gli proporrò, penserò io..."

Blasco aveva udito quelle parole meravigliandosi, arrossendo, mordendosi le labbra. Per quanto il tono con cui Coriolano le aveva pronunciate avesse la consueta freddezza cortese, c'era in esse e nell'aspetto di Coriolano una volontà ferrea e risoluta, della quale Blasco sentiva il peso. Egli in verità sentiva di trovarsi in una posizione difficile: ospite, protetto, beneficato da Coriolano verso il quale era legato da obblighi infiniti, non avrebbe potuto assumere verso di lui un atteggiamento ostile; possessore di roba non sua in fondo, non avrebbe potuto accampare alcun diritto per ritenerla; affiliato alla società e legato da un giuramento di obbedienza, non poteva rifiutarsi di obbedire al suo capo. E tuttavia un istinto segreto e indefinibile gli suggeriva una grande diffidenza e una riluttanza maggiore a consegnare quelle carte, come se, in quel suo atto, vedesse o sentisse un grave pericolo per Violante.

Nè gli sorrideva il miraggio delle nozze con la fanciulla: chè se il possederla, l'averla per sè tutta la vita, legata di amore e con vincoli indissolubili, era il suo ardente sogno, non lo riteneva altro che un sogno, irrealizzabile e pazzesco.

"Cosicchè," rispose, "se io avessi distrutto le carte, che voi credete in mio potere, questo bel sogno di matrimonio si dileguerebbe?..."

"Voi non le avete distrutte," disse freddamente Coriolano.

"Ciò non significa che non possa distruggerle," rispose con la stessa freddezza Blasco.

Allora avvenne una cosa inaspettata. Coriolano si alzò; il suo volto, di solito così piacevolmente cortese nella sua immutabile serenità, si alterò terribilmente, i suoi occhi lampeggiarono di una collera insostenibile, le sue mascelle si strinsero con un digrignamento di belva; tutto l'aspetto suo vibrava fulmini. Blasco non potè dominare il suo stupore, ma non vacillò, anche se la fissità dello sguardo di Coriolano gli metteva un rimescolio e un turbamento nel sangue.

"Blasco da Castiglione," disse il cavaliere della Floresta con voce irriconoscibile, "guarda!"

Prese da un angolo, dietro le imposte della finestra, una di quelle spranghe di ferro, abbastanza robuste, che vi si mettevano di traverso per sicurezza, e impugnatala alle due estremità, aggiunse:

"Tu non saresti fra le mie mani più forte di questa spranga!"

Le sue mani si irrigidirono, le maniche parve che scoppiassero al gonfiare dei muscoli del braccio, la spranga si piegò in due come un fuscello e Coriolano la gettò per terra con fracasso.

"Potrei prenderti per la vita e spezzarti con minore difficoltà di questo ferro;" riprese, guardando fisso Blasco, che pareva tramutato in sasso per lo stupore e per un senso indefinito di malessere che lo intorpidiva. "Potrei spezzarti così, Blasco da Castiglione, ma sei mio ospite, ed ho avuto per te, fin dal primo giorno, una tenerezza più che fraterna, ma tu,... tu consegnerai quelle carte...."

"Mai! mai!" balbettò Blasco indietreggiando e mormorando: "Non mi guardate così!..."

Mentre egli indietreggiava, Coriolano si avvicinava, guardandolo sempre con lo sguardo imperioso. Blasco inciampò in una seggiola e cadde; la caduta lo sottrasse al fascino singolare di quello sguardo e gli ridiede il suo spirito: ma Coriolano gli fu sopra, lo prese per le braccia, lo sollevò, e addolcendo la voce:

"Perché" gli disse, "perché vuoi costringermi alla violenza? Anche se tu fossi mio fratello, mio padre, non ti risparmierei: sopra di me, più alta di me, v'è un'idea di giustizia, della quale io sono lo strumento, e alla quale io mi sono votato interamente: se la giustizia mi imponesse di calare la mia mano su mio padre, sul figlio mio stesso, lo farei senza esitare. Non mi costringere a una violenza. Ubbidisci. Tu hai prestato un giuramento... Vuoi mancarvi? Vuoi esser considerato come traditore? Vuoi che io stesso ti denunzi?"

"Sì, amo meglio morire, ma quelle carte, nelle quali sta scritta tutta l'infamia che cadrà, inesorabilmente, sul nome di una fanciulla innocente, quelle carte non ve le consegnerò mai... Piuttosto le distruggerò!"

"Non farlo, Blasco! ..."

Ma Blasco si era esaltato: aveva perduto la coscienza esatta di quello che diceva e faceva. Umiliato dalla superiorità di quell'uomo misterioso che gli appariva smisuratamente grande, si vergognava e si ribellava. Nelle sue parole, nel suo gesto vi era anche l'amor proprio offeso, v'era la ribellione del suo animo contro ciò che gli sembrava una sopraffazione, un abuso. Con mano fremente e convulsa aprì lo sparato della camicia, trasse il sacchetto che conteneva il plico, lo strappò, lacerò la tela e, tolte le carte così piegate come erano, le buttò sul braciere.

"Disgraziato!" gridò terribilmente Coriolano, gettandosi sul braciere. Ma Blasco, cavata una piccola pistola dalla tasca, gli sbarrò il cammino:

"Non un passo, Coriolano!..."

Il cavaliere della Floresta, però, con una agilità da felino, gli afferrò il polso e storcendoglielo e stringendolo come in una morsa, lo costrinse ad allargare le dita e a lasciar cadere la pistola. Poi lo spinse indietro e si chinò sul braciere, dove già gli angoli delle carte si annerivano e si accartocciavano fumando.

"No! Coriolano, no! ..." urlò Blasco, cercando di impedirglielo.

Ma Coriolano se ne era già impadronito, e pigiandole contro il vestito spegneva il fuoco incipiente che rosseggiava sugli orli delle carte. Un minuto più tardi, sarebbero state consumate. Blasco si sentì accecare dall'ira dalla vergogna, dalla passione: gli occhi pieni di lacrime ardenti, la voce soffocata, l'animo sconvolto da cento pensieri e sentimenti diversi, si trasse indietro e disse:

"Signore, quello che avete fatto voi è una viltà; prima di essere il capo di una setta ribalda, eravate un gentiluomo. Se la spada che cingete non è per voi un segno di ignominia, fuori, per dio! O voi od io, uno di noi uscirà vivo da questa stanza."

Coriolano si strinse nelle spalle, con un sorriso. Aveva ripreso la sua maschera fredda e sorridente:

"Fanciullo!" disse.

Ma in quell'istante medesimo tre colpi risonarono alla parete; uno strano sorriso balenò sul volto di Coriolano. Egli andò a premere il bottone celato nella cornice di tartaruga, gridando:

"Appannate la lanterna!..."

La parete si aprì; un uomo apparve nell'ombra, nell'atto di assestarsi la maschera sul volto.

"È ora?" gli domandò Coriolano. L'altro fece segno di sì.

"Caifasso grande?"

"Nel paniere!"

"Sta bene. Blasco da Castiglione, vedete questa porta segreta? Di là, volendo, potrei far venire, non veduta da nessuno, una legione, senza lasciarne traccia. Ma un dovere solenne ci chiama; prendete il vostro cappello e venite. Quello che avverrà stanotte vi riguarda da vicino."

Indicò con gesto imperioso il vano aperto nella parete e disse all'uomo mascherato:

"Precedete, e aprite la lanterna."

L'uomo mascherato ubbidì. Blasco raccolse il cappello senza dire una parola, ma prima di entrare nell'andito buio, disse a Coriolano con alterezza:

"Spero, signore, che risolveremo la nostra partita al più presto..."

"Non dubitate; più presto che non crediate..."

Entrarono nel vano che la lanterna dell'uomo rischiarava dinanzi a loro. e la parete si richiuse silenziosamente.