Beati Paoli

di Luigi Natoli

parte terza, capitolo 22

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Antonino Bucolaro quella sera aveva saltato il Rubicone; compromesso da Matteo Lo Vecchio agli occhi del duca della Motta, sospinto da lui, si era posto interamente al servizio della giustizia e aveva istruito il capitano di città. Poco prima dell'alba una mezza dozzina di soldati s'appiattò nella casa del giudice Baldi; altri, alla spicciolata, si appiattarono nella chiesa dei Canceddi; in maggior numero si nascosero nel vicino convento di S. Cosmo, e un'altra mezza dozzina, travestita, occupò una casa vuota nel cortile dell'Ecce Homo accanto al vicolo degli Orfani. E vi stettero tutta la giornata, senza farsi vedere da anima viva, aspettando la notte, in cui un'altra mezza compagnia sarebbe venuta in ordine di battaglia.

Caso raro e quasi nuovo nelle tradizioni della giustizia, queste operazioni di appiattamento erano riuscite senza destare alcun sospetto, con la massima circospezione, cosicchè i due sbocchi del vicolo degli Orfani, e i due ingressi al sotterraneo dei Beati Paoli erano vigilati da un vero esercito invisibile.

La mezzanotte era trascorsa da più di un'ora, quando questi soldati incominciarono a uscire dai nascondigli e a ordinarsi, concentrandosi nei posti loro assegnati, e intanto una mezza compagnia veniva silenziosamente dal Papireto.

Cautamente formarono una cerchia, che andò chiudendosi: due grossi drappelli si avanzarono dai due capi del vicolo degli Orfani; un altro occupò il cortile della casa Baldi; delle riserve furono scaglionate nella piazza S. Cosmo, al Capo, e dinanzi la casa Baldi.

Le due vedette dei Beati Paoli, poste agli sbocchi del vicolo, furono in tal modo colte di sorpresa: una cadde nelle mani dei soldati, l'altra riuscì a guadagnare la porta del sotterraneo, tirando una pistolettata e dando il grido di allarme.

Quel grido, ripercosso tra le volte del sotterraneo, produsse un momento di confusione e quasi di scompiglio, ma don Raimondo non potè contenere la sua gioia e gridò:

"Finalmente!"

Ma quel grido fu una rivelazione.

"Staffiarate il bambino!" gridò il capo.

Alcuni Beati Paoli si slanciarono su don Raimondo, l'atterrarono, lo legarono per le braccia e per i piedi in un attimo e con maestria tale, che il duca non si era riavuto dalla sorpresa e già era legato come un salame.

Intanto si udivano alla porta in fondo al vestibolo, alla porta del vicolo degli Orfani dei colpi vigorosi, forse di scure o di pali, che risonavano cupamente nel cavo sotterraneo; e altri colpi risonarono contemporaneamente dal fondo del corridoio che metteva nella corte della casa Baldi.

Il capo ordinò:

"Coprite il rosso e lasciate un occhio."

Spensero le torce lasciandone soltanto una. I colpi raddoppiavano. Don Raimondo aspettava con speranza ansiosa, spiando le mosse di coloro che lo tenevano. Ogni colpo dato alle due porte gli faceva balzare il cuore nel petto; pensava: "Ora le atterrano; ora entrano, e li prendono tutti". Lo scricchiolio del legno, il cigolio dei cardini lo empivano di gioia, come dei passi verso la liberazione.

"Ammanicatevi i soffianti: e voi scarcerate la fumosa e rotolatela nei tubi."

Alcuni dei Beati Paoli si chinarono e di sotto i sedili trassero le carabine, altri da alcune nicchie cavarono delle fascine, della legna da ardere e la accumularono in fondo ai corridoi, presso la porta dove si udivano i colpi. Il capo ordinò:

"Seguitemi."

Si avviò verso un angolo della sala, e si cacciò dentro una nicchia, e spinse indietro con ambe le mani un masso. Un largo vano capace di lasciar passare una persona si aprì, nel momento stesso che una delle due porte cadeva sotto i colpi delle scuri.

"Vampa" ordinò il capo.

Due uomini corsero a dare fuoco alle fascine: subito si levarono grosse nubi di fumo e lingue di fiamme, che innalzarono una barriera di fuoco tra la porta e il corridoio. Delle fucilate echeggiarono, e le palle si schiacciarono scheggiando le pareti; i corridoi, la sala cominciarono a empirsi di un fumo denso e soffocante.

Un uomo intanto, di cui nessuno si era accorto, cominciò a gemere fortemente: il capo si voltò vivamente, si accorse del notaro, che alle fucilate era stato colto da terrore, e buttandosi in ginocchio supplicava che lo salvassero. A un cenno del capo, un uomo con la torcia passò per la buca; un altro lo seguì; vi spinsero il notaro:

"Non piangete, diavolo! e passate..." dissero.

A uno a uno, i Beati Paoli si cacciavano nella buca e sparivano, intanto che dalla porta abbattuta spesseggiava no le fucilate sulla legna per disperdere le fiamme, e delle grida intimavano:

"Arrendetevi!"

Don Raimondo, reso immobile dalla corda, divorato dalla collera e nel tempo stesso ansioso, guardando e aspettando, a quelle grida riprese animo, tentò di richiamare l'attenzione su di sè:

"Aiuto! Aiuto!..."

"Fatelo tacere!" ordinò il capo.

S'udì un rovinio nell'altra porta; altre grida, altre fucilate echeggiarono. Don Raimondo ebbe un sussulto di gioia ed esclamò:

"Siete in trappola!..."

"Non ancora," disse pacatamente il capo, gettando il sacco e traendo dalla cintola due pistole. Fece un segno ai suoi uomini:

"Insaccate codesto salame!" ordinò.

Don Raimondo si vide a un tratto sollevato in aria, cacciato per i piedi dentro la buca, sospinto, tirato, prima di potersi opporre, protestare, chiamare soccorso.

Dinanzi alla nicchia non rimanevano che in due, il capo e un altro, anche lui senza il sacco e armato. Attraverso i buchi della maschera si guardarono un istante in silenzio; poi il capo disse:

"Passate!"

"Dopo di voi!..."

"Passate, non c'è tempo da perdere..."

Tra le nubi di fumo che già avevano riempito il sotterraneo, le fiamme impallidivano, disperse e assottigliate: dal fondo dei corridoi s'udiva il passo dei soldati che entravano sparando.

"Io resto."

"Volete che vi faccia passare per forza, Blasco?" disse il capo.

"Non mi toccate, Coriolano, non mi toccate!..."

Una voce sgridò dal fondo:

"Arrendetevi!..."

Coriolano mosse un passo avanti e scaricò le due pistole, indi con un rapido gesto sospinse Blasco verso la buca mormorando:

"Non vorrete certo lasciarvi prendere!"

Passò anche lui e rimise nella buca il masso che ne aveva sospinto. Era un corridoio stretto, basso, umido; un budello che pareva sprofondarsi nello infinito nel cui tenebrore la lanterna non spandeva nessuna luce, ma pareva una piccola macchia rossa.

I Beati Paoli aspettavano, in fila; il notaro fra loro, tremante, don Raimondo livido, muto, esterrefatto. Coriolano ordinò: "Avanti."

Tutta quella gente, preceduta dalla lanterna, si incamminò silenziosa per quel corridoio, avvolta nell'ombra e nel mistero; ultimo veniva Blasco, col capo chino, il petto gonfio di collera, dispetto, dolore; combattuto da cento pensieri, da cento sentimenti diversi. Procedevano da un pezzo, seguendo il corridoio, che a un tratto parve più largo: v'era infatti un crocicchio.

"Alt!" gridò Coriolano. E chiamato a sè il lanternino, fece illuminare uno dei bracci del crocicchio. V'era una scala scavata nel tufo. Chiamò due compagni:

"Fate salire il notaro e accompagnatelo. Vi accorgerete subito dove conduce questa scala... Andate, signore; i vostri servizi vi saranno ricompensati largamente."

Il notaro seguì i Beati Paoli su per la scaletta ripida e difficile, che penetrava nella volta e si dileguava alla vista. Il corteo riprese il cammino. Il corridoio era adesso più largo, fiancheggiato da nicchie; era qualche ramo delle antiche catacombe, di cui la grotta dei Beati Paoli non era che un tratto.

Dopo una quarantina di passi, ancora, si apriva una sala circolare dalle pareti grommose: per terra v'erano pozze d'acqua, segno di infiltrazioni che piovevano dall'alto.

Coriolano diede ordine a tutti di fermarsi: don Raimondo guardava; non sapeva ancora quale fosse la sua sorte, ma aveva perduto ogni speranza; la paura lo rendeva ora vile; aveva sperato nella sorpresa della giustizia, e quando aveva sentito cedere le porte, aveva creduto che nessuno potesse sfuggire; invece eccoli tutti salvi, ed egli in loro piena balia. Che soldati erano quelli, che avevano paura d'un po' di fuoco e di due pistolettate? Così dunque era servito lo Stato? La morte aspettata lo rendeva furibondo contro il capitano di giustizia, contro i soldati, contro il Vicerè medesimo, accusando tutti in cuor suo della sua prossima fine.

"Vili! vili! abbandonarmi così!" pensava martellandosi il cervello; ma la sua voce non diceva nulla; aveva le labbra serrate, la gola stretta da un nodo. Quando i Beati Paoli, a un segno, lo deposero, in piedi, le gambe gli si piegarono e cadde nel fango, come un cencio, battendo i denti.

Il terrore lo rendeva ancora più miserabile.

Intorno a lui si fece un cerchio; la lanterna sorretta in alto da uno dei Beati Paoli - era Andrea gettava una luce scarsa e sanguigna che illuminava a tratti qua e là qualche mento, si perdeva sulle maschere nere; fra i vestiti bruni, e nello spazio tenebroso, quei menti intraveduti nel tenue rosseggiare parevano recisi, e rendevano la scena mostruosamente fantastica.

Nel silenzio profondo, nel quale si udiva lo stridore dei denti di don Raimondo, Coriolano disse lentamente e cupamente:

"Don Raimondo Albamonte, voi avete preparato un'imboscata per coglierci! Voi che finora abbiamo risparmiato dall'infamia, e che pochi momenti or sono, generosamente, volevamo serbare al vostro grado e al vostro nome, contavate di consegnare le nostre teste alla giustizia!... Raimondo Albamonte, voi avete perduto ogni diritto al perdono e alla misericordia!..."

"Pietà!... pietà di me!..." balbettò il disgraziato.

"Sapete voi dove ci troviamo? Quassù, sopra le nostre teste, s'alza il palazzo della Motta; noi vi abbiamo ricondotto a casa vostra, perché non è giusto che i pari vostri muoiano altrove. Morrete qui e il palazzo di cui ave te tanta ingordigia e che empiste di sangue e di lutto, vi graverà sul capo, ampio e inamovibile coperchio alla tomba che vi accoglie vivo!..."

Don Raimondo non intendeva ancora a quale genere di morte fosse riserbato; non aveva capito nulla e guardava esterrefatto, con l'aria di chi vuole sorprendere una parola, un cenno, un gesto. Ma sotto le maschere, i volti erano impenetrabili e nel suo orecchio risonavano confusamente quelle parole: morte, palazzo, ingordigia, sangue, lutto, tomba.

Coriolano diede una chiave a don Girolamo Ammirata che gli stava accanto, dicendo:

"Scoffate; piantate l'occhio; i buonomini di rota s'azziccano."

La maggior parte di quegli uomini si mosse, avviandosi innanzi, guidati da don Girolamo.

Coriolano li avvertì:

"Sfumate subito."

Rimasero nella rotonda Andrea con la lanterna, due Beati Paoli, Coriolano e Blasco e in mezzo a loro, con le braccia legate, accasciato per terra, immobile nel terrore, don Raimondo.

Coriolano disse a Blasco, seccamente:

"Perché siete rimasto? Andate, andate voi!..."

"Non andrò, se non con voi... Lo sapete..."

"Il vostro posto non è qui..."

"Ditemi che cosa intendete fare di quest'uomo..."

"Quello che la giustizia comanda!..."

"Badate!... Non lascerò compiere nessuna violenza sopra di lui!..."

Coriolano strinse le mascelle per contenersi, gli altri tre Beati Paoli mormorarono ostilmente. Blasco ripetè quello che aveva detto.

"Volete colpire un uomo, legato a quel modo, incapace di difendersi, disfatto dal terrore?... Oh no, io non posso dare il mio consenso a un assassinio!..."

Don Raimondo si sentì illuminare da un filo di speranza; guardava con stupore quell'uomo che sorgeva improvvisamente a difenderlo. Era la stessa voce che nella sala del tribunale aveva in nome di Blasco rinunciato alla mano di Violante. Chi era dunque? Era for se il bastardo che egli aveva, ingiustamente, cercato di far morire? Tremava, anelando, guardando con occhi sbarrati, oppresso da mille sentimenti che gli tumultuavano nell'anima smarrita. Coriolano aveva intrecciato le mani sul petto con un gesto pieno di collera.

"Volete voi dunque impedire il corso della giustizia?..."

"Voglio impedire una viltà!..."

"Badate!... Noi colpiremo anche voi, inesorabilmente!"

"Provatevi! ma non vi lascerò uccidere quest'uomo, che la paura rende vile come un cencio buttato nella spazzatura!..."

Si gettò indietro e, strappata la maschera e buttatala per terra, gridò:

"Così, apertamente, e senza maschera!..."

"Blasco!..." balbettò don Raimondo.

Vi fu un attimo di silenzio; Andrea, che aveva deposto la lanterna in una piccola nicchia, si spogliò del sacco e trasse dalla cintola un lungo pugnale; gli altri due Beati Paoli lo imitarono; le lame, in quel gesto balenarono sanguignamente. Coriolano fece un cenno per fermarli, e si rivolse a Blasco; nella sua voce si sentiva lo sforzo per dominarsi:

"Non sciupate la vostra generosità, signore; non ne vale la pena... Voi non salvereste costui, e la sua vita non conta certo quanto quella delle sue vittime. La giustizia avrà il suo corso, anche passando sopra di voi. Serbate la vostra vita a cause più generose, Blasco da Castiglione... E voi eseguite l'opera vostra!"

I due Beati Paoli si avanzarono verso don Raimondo, ma Blasco si gettò fra loro e la vittima e, spianando le pistole, gridò: "Un passo, e vi uccido!"

Allora Coriolano ruppe in un ruggito che pareva di belva, e a sua volta si frappose fra i Beati Paoli e Blasco, gridando: "Ah, perdio! ora è troppo!.."

Si slanciò sopra Blasco. Un colpo rimbombò; una voce disse fra il fumo:

"E nulla!...."

Si sentì il rumore di una colluttazione breve, ma furibonda. Al tenue bagliore della lanterna, nel diradarsi del fumo, si videro due corpi aggrovigliati e delle mani che cercavano e percotevano ferocemente. Quei due uomini così amici parevano ora mutati in due furie. Coriolano aveva fatto deviare il colpo di pistola, ma non al punto che la palla non gli sfiorasse la spalla ed era giunto ad afferrare il polso di Blasco, per disarmarlo; il giovane, riconoscendo la forza muscolare del suo avversario, gli era saltato addosso e lo aveva abbrancato per il collo, attorcigliandogli le gambe per rovesciarlo a terra. Si dibattevano rabbiosamente, ansimando, con delle esclamazioni gutturali, con dei ruggiti mozzi, quasi rantolosi.

"Fate il vostro dovere!" urlò Coriolano, mentre cercava di imprigionare Blasco fra le sue braccia e impedirgli ogni movimento.

"No!... No!..." gridò Blasco disperatamente.

Ma in quel momento s'udì un grido, un gemito, un tonfo.

Andrea disse: "È fatto."

Allora Coriolano fece uno sforzo, scrollò Blasco con tutta la sua forza e piegatolo in due, chiamò i suoi compagni: "Aiutatemi a portarlo via."

Lo strinsero; uno di loro gli gettò una corda alle braccia e gli impedì di reagire; e così lo sollevarono di peso e lo portarono via.

Passando, Blasco che aveva gli occhi pieni di lacrime di rabbia, vide nel barlume per terra, ripiegato sopra di sè come un fardello abbandonato, il corpo di don Raimondo. Vide, o gli sembrò di vedere, che un guizzo agitasse quel corpo, e trasalì: l'indignazione gli montò al volto, raccolse tutte le sue forze in un'ultima imprecazione e la sputò energicamente in volto al più vicino:

"Vili! vili! vili.."

Non gli risposero. Si avviarono, al lume della lanterna, per quel sotterraneo misterioso, lasciando per terra quel corpo rantolante. Dopo duecento passi circa salirono una scala; Blasco non reagiva più, abbandonandosi al suo dolore; sentì che aprivano una porta, e un buffo d'aria fresca gli percosse il volto.

"Lasciatemi!" disse poi, "lasciatemi!... Non ho più nulla in comune con voi!..."

Non gli diedero retta. Egli guardò intorno e nell'oscurità notturna gli sembrò di trovarsi in campagna. Dove era dunque? Finalmente sentì che lo adagiavano per terra.

"Lasciatelo lì" ordinò la voce di Coriolano, "e vento!".

Blasco si guardò intorno: era solo.