Beati Paoli

di Luigi Natoli

parte quarta, capitolo 6

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Donna Gabriella si congedò poco dopo e a Emanuele, che si era avvicinato offrendosi per accompagnarla, rispose:

"Grazie, duca, ma avevo già pregato il signor don Blasco - (e qui mutò tono, abbassando la voce) vostro fratello."

Emanuele si fece di bragia e guardò con bieco e geloso furore Blasco, che accostatosi aveva offerto il braccio, sorridendo finemente allo sguardo di Emanuele.

"Se preferite la compagnia del signor duca," disse egli a donna Gabriella "non abbiate dei riguardi per me..."

"Grazie, signore," rispose altezzosamente Emanuele.

"Signore?" osservò stupita donna Gabriella guardando i due fratelli. "Come? Vi date del "signore"?"

"Non saprei infatti come chiamarlo diversamente," disse Emanuele con lo stesso tono che tradiva il dispetto.

Blasco, che s'era fatto pallido, alzò le spalle con un gesto di noncuranza e si limitò ad avvertire la duchessa.

"Quando volete, donna Gabriella..."

Ella appoggiò la sua mano sul braccio di Blasco e attraversò la sala, mentre Emanuele la seguiva con gli occhi ardenti e mordendosi le labbra. Scendendo le scale, donna Gabriella osservò:

"Ma sapete che vostro fratello Emanuele mi ha proprio stupita?"

"Perché, signora? Egli non ha nessuna ragione di amarmi, come io non so veramente per quale ragione dobbiamo considerarci come fratelli, piuttosto che come due estranei..."

Il lacchè apriva l'ampio sportello e abbassava il predellino e donna Gabriella montava svelta e visibilmente contenta, dicendo non senza una certa fatuità:

"Quel ragazzo veramente non ha il cervello a posto."

Blasco non rispose, baciò la mano di donna Gabriella, e chiuse lo sportello della carrozza, augurandole la buona notte.

Ella gli disse: "Non verrete a visitarmi? Siete sempre in collera con me? Ora non avreste certamente alcun motivo d'esserlo... Ed io ho sofferto tanto... tanto. Parleremo di molte cose..."

"Grazie del vostro invito, ma fra qualche giorno io parto..."

"Partite? Di nuovo? Perché?..."

"Ma non vi ho detto dunque che io sono dragone nel primo Numanzia?... Vado all'assedio di Termini..."

"Oh Dio!... alla guerra?... Ma tanto meglio dunque."

Abbassò la voce e gli disse con rapidità:

"Andate ad aspettarmi all'angolo della chiesa della Catena, io metterò la carrozza al passo. Ho molte cose da dirvi... Andate..."

Blasco si rabbuiò alquanto, ma rifiutarsi sarebbe stata una vera scortesia; si inchinò e uscì frettoloso dal palazzo, intanto che i volanti di donna Gabriella accendevano le fiaccole fuori del portone. La carrozza effettivamente si mise al passo e svoltò per la strada dell'Alloro, facendo risonare il selciato sotto le zampe ferrate dei due cavalli e il rotolare delle ruote. Presso la chiesa di S. Maria della Catena - prezioso gioiello dell'arte siciliana del secolo XV - raggiunse Blasco e si fermò. La strada era deserta, le case serrate, l'ombra era appena interrotta dalle torce dei due volanti; salvo i servi, nessuno avrebbe potuto vedere Blasco montare in carrozza a un richiamo della duchessa. Le apparenze erano così salve; questo premeva a donna Gabriella nella sua condizione di vedova. I servi erano, come ordinariamente ritengono i padroni, persone discrete e del resto la duchessa non sognava nulla che oltrepassasse il limite della porta del suo palazzo: la strada per giungervi non era breve, e poteva discorrere liberamente e a lungo.

Blasco dunque montò accanto a lei, in carrozza, e per un istante rimasero in silenzio. Donna Gabriella si era seduta indietro in un angolo nell'ombra, ma, al barlume che le torce dei volanti lasciavano penetrare, si vedevano i suoi occhi brillare. Se il rumore delle ruote sul selciato del Cassaro (allora non era lastricato) non avesse quasi rintronato le orecchie di Blasco, egli, forse, avrebbe sentito il pulsare tumultuoso di quel cuore femmineo accanto a lui; vedeva però luccicare quegli occhi e intuiva tutte le cose che quel silenzio esprimeva.

Ella pareva aspettare una parola, ma anch'egli da parte sua aspettava che donna Gabriella gli dicesse qualcuna delle cose che aveva da dirgli. Dopo un po' ella sospirò, e mormorò:

"Quanto tempo è passato!.."

E un minuto dopo:

"Noi ci siamo lasciati in collera... e ho sempre temuto di essere odiata da voi... Ditemi prima di tutto se mi inganno..."

"Sì, v'ingannate" rispose Blasco; "ho avuto forse anch'io qualche torto verso di voi e ho potuto lasciarmi trasportare da risentimenti... ma è passato tanto tempo! L'avete detto voi stessa... Non sono dunque in collera con voi.... nè vi odio. Ve ne do la prova, mi pare..."

"Grazie, è vero... Ma non parliamo di torti... Io ne ebbi assai di più... Ci ho pensato sempre, sapete? Ma... ero così cieca dal dolore... dalla gelosia! Non ne parliamo più... Se sapeste come sono vissuta in questi quattro anni! Vedova, sì, in una vedovanza rigorosa, che quasi tutti interpretano come una persistenza di fedeltà e di rispetto alla memoria di don Raimondo... ma era ed è, invece, la vedovanza dei miei sogni, delle mie speranze..."

La sua voce tremò di commozione e i suoi occhi inumiditi brillarono di più nell'ombra. Blasco taceva: pensava a Circe... Donna Gabriella si sentiva ardere sulla lingua una domanda, e non osava farla; lasciò scorrere un attimo di silenzio e disse con apparente indifferenza:

"E... avete veduto... vostra cugina?"

Blasco trasalì e il nome della fanciulla gli affiorò sulle labbra, ma non si mutò in suono. Egli rispose con voce alterata:

"No; non l'ho veduta..."

"Desiderate vederla?" insistette donna Gabriella; e in questa domanda trepidava l'anima sua.

"No," rispose ancora una volta Blasco.

"Avete ragione... Sapete che è fidanzata?"

"Sì; era del resto il mio desiderio."

"Sapete che le nozze avverranno verso la fine di gennaio venturo?"

"No," disse Blasco con commozione appena dominata, "non lo sapevo..."

Donna Gabriella lo studiava; sentiva nel fondo di quella parola un tre mito di dolore e di passione, che svegliava nel suo cuore tormenti, gelosie, odi, sopiti ma non spenti. Tacque un'altra volta, sciupando i magnifici pizzi delle sue maniche, con un gesto breve e nervoso. Non aveva ella più fascini dunque? Non aveva più alcun potere la sua bellezza che aveva tanto trionfato? Si accostò un poco e domandò con voce dolcemente insinuante:

"Soffrite?.."

"No; perché dovrei soffrire? E di che? Voi avete voluto supporre quello che non era mai avvenuto, avete creato un romanzo di pura invenzione, e l'avete creduto storia reale e avete turbato una pubertà innocente, avete avvelenato tre esistenze, avete allontanato da voi coloro che sarebbero stati i vostri amici migliori e sinceri... Oh! quando io penso a tutto ciò che avete fatto, donna Gabriella, mi sento sopraffare da un dolore così vivo e profondo, che dovrei quasi odiarvi..."

"E mi odiate?"

"No, non vi odio, perché non sono nato per odiare; mio padre dovette veramente generarmi in un momento di grande bontà e di amore, per darmi questo cuore così fatto!.. Non vi odio; ma certo, donna Gabriella, voi avete spezzato qualche cosa qui dentro, ed è insanabile!.." Ella si lasciò cadere in ginocchio sul tappeto dinanzi al sedile, mormorando con infinita espressione di dolore:

"Perdono!... perdono!..."

E, presegli le mani, gliele baciò con timidezza. Blasco le ritrasse, confuso, rimescolato, dicendo:

"Che cosa fate? No, no... alzatevi! ve ne prego... Lo voglio." Siccome ella non si moveva, egli, seduto com'era, la prese per la vita e la costrinse a levarsi e a sedere, ma donna Gabriella era così commossa e fuori di sè, che gli si strinse contro il petto ed egli la sentì tremare e agitarsi nell'impeto di quella commozione.

Blasco si sentiva smarrire:

"Donna Gabriella" mormorava; "ve ne prego... fatelo anche per riguardo a voi stessa..."

Ella scoteva il capo in segno di rifiuto, aveva gli occhi pieni di lacrime che scendendo, fra un singhiozzo e l'altro, cadevano sulle mani di Blasco. Quelle stille infocate pareva che gli penetrassero nel sangue, si moltiplicassero, diventassero un'onda, che dalle vene gli saliva al cuore e glielo annegava in una commozione indefinibile. Pietà, tenerezza, dolci memorie, la giovinezza, e soprattutto quel desiderio vago e ineffabile di confondere il proprio cuore con un altro, lo illanguidivano; la cera di cui Ulisse aveva creduto turate le sue orecchie si liquefaceva e ripercoteva tutte le vibrazioni di quell'amore.

Ella seguitava a scuotere la testa con gli occhi sfolgoranti fra le lacrime, come due stelle vedute tra la pioggia, e trovò delle parole ardenti:

"Sono cinque anni, da quando vi ho conosciuto, che il mio cuore si è chiuso e non si è mai più aperto a un sentimento, come se voi aveste portato via la chiave; si è chiuso rigorosamente... e in questi quattro anni di vedovanza nessuno di quanti mi hanno insidiato ha avuto da me neppure un sorriso, perché dentro il cuore mio v'era il dolore, il dolore di avervi perduto, forse per sempre: un dolore senza speranza... Ho sentito sopra di me l'odio vostro, come una maledizione ,e avrei voluto sapere dove eravate, per fuggire da questo paese pieno di angosciose memorie, venirvi a trovare, gettarmi fra le vostre braccia, dirvi: "Ecco, io sono libera ora, e ti amo sempre. Prendimi!". E strapparvi una parola, una dolce parola di cui l'anima mia è sitibonda!... Ed ora vi ho qui, Blasco, qui accanto a me, vi sento: ho le vostre mani nelle mie, ho la vostra bocca qui, presso la mia, così..."

Gli si era stretta contro il petto, mentre parlava, con la voce bassa, ma vibrante di passione e simile a una carezza e, a mano a mano che le parole sgorgavano in quella vertigine di desiderio, spingeva il suo volto verso il. volto di Blasco, con gli occhi negli occhi, fino a che in un impeto folle le sue labbra frementi cercarono le labbra di Blasco...

Egli si sentiva scoppiare le tempie.

"Donna Gabriella!... donna Gabriella!..." supplicava, senza sottrarsi, abbandonandosi alla giovinezza trionfatrice, felice quasi d'essere stato vinto.

Intanto la carrozza, oltrepassati i Quattro Canti, e percorsa la strada Nuova, piegava per la strada della Bandiera. Per ordine di donna Gabriella, aveva fatto un lungo giro, appunto perché ella potesse avere Blasco in sua compagnia più lungamente che fosse possibile: ora, avvicinandosi a casa, pensava trepidando che Blasco l'avrebbe lasciata. E nell'ansia di questo timore e nella piena ebbrezza che le dilagava per il sangue, ella riprese più dolce, insinuante, quasi con un pudore verginale:

"In questi quattro anni io mi sono serbata a voi, senza aspettarvi, per un voto; perché non ho ancora incontrato un uomo che vi rassomigli e che sia degno di starvi accanto... Ho voluto votare la mia vita, la mia giovinezza, la mia solitudine a voi, che non speravo mai più di vedere, a voi, unico e vero amore della mia vita... Ora vi guardo, vi sento, ho sentito i vostri baci e mi pare di sognare... Sogno?... Non mi destate, ve ne supplico... lasciatemi sognare, qui sulla vostra bocca!..."

Lo trasse a sè; i loro corpi stretti parevano un corpo solo; e benedetti i ciottoli che, nella strada poco larga, rendevano le ruote così fragorose, che coprivano e dominavano il rumore dei baci.

Il rallentare dei cavalli sciolse donna Gabriella da quella stretta. Ella sussurrò rapidamente:

"Ti aspetto... Ma non venire ora. Bisogna che non ti veda entrare nessuno. Torna fra mezz'ora, di qua, da questo vicolo..."

Glielo indicò: era una viuzza stretta, chiusa fra il suo palazzo e quello del principe di Pantelleria, e aggiunse:

"Ora fingi di andartene."

La carrozza era arrivata ed entrò nel vestibolo; uno dei lacchè aperse lo sportello; Blasco balzò a terra, porse la mano a donna Gabriella, e l'accompagnò a piè della scala, dove baciata galantemente, ma non senza desiderio, la bella mano che gli porgeva la dama, le augurò la buona notte e si allontanò, dileguandosi subito dietro l'angolo della strada che scende a S. Giacomo la Marina: ma, appena sentì serrare il portone, tornò indietro e si cacciò nel vicolo ed era così pieno di quella avventura che gli rischiarava, gli inghirlandava di rose la notte, che non s'accorse di alcune ombre che dall'angolo della strada dei Crocifissari, - oggi detta dei Bambinai pareva lo spiassero. Sentì invece dopo un po' aprirsi un balcone, e una voce chiamare sommessamente: "Blasco!..."

E quasi nel tempo stesso qualche cosa gli passò davanti agli occhi e gli battè sulle ginocchia, oscillando; era una corda. L'afferrò, la saggiò, sentì che era solidamente legata, e allora spiccò un salto e vi si aggrappò.

Non per nulla aveva passato qualche anno a bordo; egli salì la corda in un attimo, scavalcò la ringhiera del balcone e trovò le braccia quasi nude di donna Gabriella che lo aspettavano fremendo.