Beati Paoli

di Luigi Natoli

parte quarta, capitolo 17

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Donna Gabriella aspettò invano il volante, non solo tutta la notte, ma anche il giorno appresso e non sapeva a che cosa attribuire la sua sparizione. Ella ricevette invece un altro biglietto anonimo, che la mise sossopra.

"È inutile che voi aspettiate il vostro volante. Persone interessate a sopprimere il vostro spionaggio l'hanno fatto sparire: ricordatevi di quanto sapete e confidate in chi vi è amico, e prega per voi le... Anime Sante".

Era la stessa mano di prima. Il domani dopopranzo la duchessa si apparecchiava a uscire in carrozza per recarsi all'appuntamento dell'uomo incappucciato, quando sul punto di scendere la scala le si presentò Coriolano.

"Uscite?" le domandò. "Mi rincresce.... Venivo a chiedervi il permesso di baciarvi la mano..."

Donna Gabriella era imbarazzata; l'occhio di Coriolano la scrutava e pareva le leggesse in fondo. Lei non osava congedarlo nè dirgli di entrare. Il cavaliere della Floresta allora sorrise gentilmente e le disse:

"Mi accorgo che sono arrivato a mal punto, ma avevo qualche cosa da dirvi... Se me lo permettete vi accompagnerò in carrozza... salvo che non sia di disturbo..."

"No, no... non dubitate," balbettò un po' confusa, non volendo commettere uno sgarbo, ma non certo soddisfatta.

"Allora andiamo."

Quando furono in carrozza, Coriolano le domandò:

"Perdonate, duchessa, la mia indiscrezione; ma è nel vostro interesse... Dove andate?"

Donna Gabriella arrossì senza rispondere.

"Ve lo dirò io allora: voi andate all'appuntamento del confrate delle Anime Sante..."

"Che cosa può farvelo supporre?"

"Il vostro imbarazzo stesso... e il degno confrate che vi aspetta..."

"Oh! come lo sapete?"

"Lo so. Non importa sapere come. So molte altre cose. Per esempio questa, che avete fatto arrestare il vostro povero volante, per un... non so come chiamarlo..."

"Arrestato Pietro?..." esclamò donna Gabriella.

"Se si chiami Pietro non so, ma egli si trova alla Vicaria, imputato di grida e discorsi sediziosi!.."

"Lui! Pietro!..."

"E ciò per mandarlo attorno a spiare a che ora il signor don Blasco sarebbe rientrato a casa, non avendo potuto pedinarlo abbastanza presto, per sapere dove fosse andato in compagnia del signor cavaliere della Floresta..."

Donna Gabriella arrossì, impallidì, guardò spaventata Coriolano che sorrideva col suo dolce e fine sorriso, corretto e misurato nell'espressione del volto, nel gesto, nell'atteggiamento.

"Chi vi ha detto tutto questo?..." mormorò tremando.

"Lo so, signora duchessa; vi avevo promesso che mi sarei informato di qualche cosa che v'interessa e, come vedete, ho raccolto molte notizie della cui verità potete essere garante voi stessa..."

La duchessa tremava di sgomento, guardando con uno stupore superstizioso quell'uomo che parlava così tranquillamente. Coriolano continuò:

"Ebbene io posso dirvi chi è il confrate delle Anime Sante."

"Chi è?" domandò vivamente la duchessa.

"Matteo Lo Vecchio!..."

"Lui!" esclamò atterrita.

"Precisamente. E vi dirò anche chi fece arrestare il vostro volante, stanotte, dalla ronda, con quella sciocca accusa..."

"Chi dunque?"

"Matteo Lo Vecchio."

Per poco donna Gabriella non fu colta da uno svenimento. Balbettava con uno smarrimento che fece sorridere Coriolano:

"Matteo Lo Vecchio... Matteo Lo Vecchio!"

Ella era dunque nelle mani di quel birro! Che voleva da lei? Perché le aveva detto tutte quelle storie sul conto di Blasco? Perché le aveva arrestato il volante, perché? Si smarriva! Giunse le mani in atto disperato e insieme supplichevole, mormorando:

"Sono pazza! sono pazza!..."

Poi, come presa da un dubbio, domandò:

"Ma siete sicuro di quello che mi dite?"

"Dubitate ancora? Allora vi dirò tutto quello che faceste ieri sera..."

"No, vi credo... Oh Dio! Dio!... io mi ci perdo..."

"Non abbiate paura, io sono qui per questo."

"E Blasco sa tutto?"

"Tutto."

"Oh Dio! che dirà egli?... S'è adirato? S'è addolorato? Ditemi la verità."

"Adirato, no; addolorato, molto..."

Donna Gabriella stette un po' in silenzio. La carrozza intanto usciva da Porta Felice e la vista del mare richiamò la duchessa all'appuntamento.

"Che cosa dovrò fare e che cosa dovrò dire?" domandò come parlando a se stessa.

"Fingete d'ignorare chi sia il confrate e di accordarvi con lui..."

"E se mi domanda le carte?"

"Eccole."

Si cavò di tasca un involtino legato con un nastro, lo consegnò a donna Gabriella, aggiungendo:

"Dategli queste; sono precisamente carte di scongiuri e incantesimi. Gli direte che le avete tolte a Blasco mentre dormiva. Quando gliele avrete date, domandategli che cosa dovete fare. Verrò poi a informarmi, se me lo permettete..."

Donna Gabriella prese il plico. Veramente era commossa pensando all'incontro con Matteo Lo Vecchio e alla parte che doveva recitare...

Il birro era là, sotto il bastione, coperto dal cappuccio, con la cassetta in mano, che scoteva gridando:

"Anime Sante!..."

Appena vide la carrozza di donna Gabriella, si avvicinò come per domandare l'elemosina e ripetendo il suo grido:

"Anime Sante!..."

Poi, mentre porgeva la cassetta, aggiunse con tono di compassione:

"Vostra signoria ha avuto un dolore!... povero giovane!... l'ho visto stamattina..."

"Di chi parlate?"

"Del suo volante... poveretto, fa compassione!..."

"Dove l'avete visto?"

"Alla Vicaria. Sono andato per divozione e l'ho riconosciuto. Il poverino veniva dalla tortura... Dieci tratti di corda! non si scherza..."

"Che dite mai?"

"La verità!... Si difendeva poveretto!... Ma si sapeva che doveva andare così!... Non indovina da chi viene il colpo?"

"Da chi?"

"Vossignoria chi ha fatto pedinare?"

Suo malgrado donna Gabriella trasalì: Blasco? Sarebbe stato Blasco?

Non mentiva forse quel birro? Pur sapendo come erano andate le cose, ella per un istante dubitò. Matteo Lo Vecchio aggiunse:

"Ma adesso aggiusteremo ogni cosa. Vossignoria ha saputo nulla di quelle carte?"

"Sì," rispose donna Gabriella richiamata alla parte che doveva recitare, "anzi ce le ho..."

"Davvero?" esclamò il birro sobbalzando per la gioia.

"Sì, ho potuto prenderle, per un caso. Egli le portava addosso..."

"Ah, ecco! Dicevo bene io!"

Le parole potevano sonare all'orecchio in un senso, ma ne avevano un altro nella mente di Matteo Lo Vecchio. Egli rispondeva a un pensiero intimo, e voleva dire: "Ecco perché non si poteva sapere dove fossero; le portava lui addosso".

E aggiunse più forte:

"Ebbene, se vossignoria me le vuol dare faremo uno scongiuro a rovescio."

"Eccovele."

Matteo Lo Vecchio riconobbe il nastrino, riconobbe la carta esterna, pur notando che agli angoli era un po' bruciata. Un vivo piacere si sparse sul suo volto; prese quelle carte, se le cacciò nel petto e disse:

"Quando vostra signoria me lo permetterà, io verrò a portarle le altre orazioni, e le saprò dire chi è la persona amata dal signor Blasco, e che cosa bisogna fare..."

Donna Gabriella ebbe un lampo geniale.

"Venite domani sera, a casa mia."

Se il cappuccio non avesse nascosto il volto di Matteo Lo Vecchio, la duchessa avrebbe veduto la smorfia burlesca da lui fatta a quella proposta.

"Eccellenza," disse "queste cose non si dicono in casa: i muri non hanno orecchi, ma odono. Piuttosto, se vossignoria si degna farsi vedere o qui, o a Mezzo Monreale o dove mi comanderà, io verrò a portarle quello che occorre..."

"In casa mia è come se si fosse in chiesa, ma vi contenterò: domani, a quest'ora, io andrò alle Terre Rosse..."

"Vada per le Terre Rosse. Sta bene. Bacio le mani di vostra signoria..."

Mentre la carrozza di donna Gabriella si allontanava in una direzione, Matteo Lo Vecchio si affrettava dall'altra. Prese lo stradone di Porta di Termini - come si chiamava allora la strada che dalla marina, lungo le mura, andava fino alla Porta di Termini, oggi detta via Lincoln. - Giunto sotto l'arco della porta, trasse il plico, impaziente di rivedere le carte tanto cercate e ottenute a così buon mercato; sciolse la cordellina, svolse la carta che serviva da involucro e ne cavò un foglietto; ma appena l'aprì, gettò un grido di stupore.

Era un foglio pieno di segni cabalistici, triangoli, cerchi, occhi sbarrati, animali mostruosi, una croce e formule strane scritte in una maniera illeggibile e qualcuna in un latino ridicolo.

Dopo averlo guardato e riguardato ripiegò lentamente il foglio, ne prese un altro, lo spiegò e fece un moto di dispetto. V'erano dei disegni più buffi di quelli del primo foglio...

Non volle guardare oltre; rifece il plico rabbiosamente, borbottando fra i denti: "Me l'ha fatta! Me l'ha fatta!... Ma qui c'è lo zampino di qualche altro. Chi? Don Blasco? Il cavaliere della Floresta? Chi? Ma per Cristo! l'avranno a fare con me! Non mi chiamo Matteo Lo Vecchio se alla duchessa non darò un boccone amarissimo!...".

Si recò senz'altro al palazzo della Motta.

La sera Blasco disse a donna Gabriella:

"Perché dunque diffidi di me e ti tormenti? Possibile che tu ti esponga ai raggiri di un birbante, che avrà dei fini da raggiungere? E intanto quel povero diavolo di volante..."

Donna Gabriella si lasciò cadere sopra uno sgabello, mormorando:

"Perdonami! sono pazza... ma ti amo tanto!..."

"Io voglio che tu veda quanto sei stata diffidente a torto... Quelle carte che il birro ti aveva domandato, non appartengono a me, nè a te, nè ad alcun altro: Matteo Lo Vecchio le aveva sottratte a un uomo che aveva dedicata la sua vita a ridare a Emanuele, da lui raccolto, il grado e il patrimonio..."

"Don Girolamo Ammirata!..."

"Don Girolamo. Esse contengono una storia di delitti..." Donna Gabriella abbassò il capo cupamente: "Li conosco" disse.

Blasco tacque per un momento e parve che il passato tremendo, del quale essi possedevano il segreto, pesasse sopra di loro. Egli trasse dal seno un involtino bruciacchiato e riprese:

"Matteo Lo Vecchio, ignoro per quali fini, ma certo ignobili, aveva rubato queste carte; io gliele tolsi per un caso e le ho conservate. Stavo per distruggerle, ma mi fu impedito. Ora che l'uomo che esse condannavano è morto, non c'è più ragione di conservarle... Esse non potrebbero che offendere negli affetti più puri una innocente, a beneficio di nessuno. Quel birro tentando di riprenderle per tuo mezzo ti avrebbe reso certamente complice di un'infamia. Vuoi tu questa complicità?"

Donna Gabriella alzò il capo con fierezza sdegnosa. Blasco continuò:

"Lo sapevo bene... Eccoti le carte; distruggile tu!..."

"Oh no!..." fece lei con una espressione di ribrezzo...

Allora Blasco si avvicinò a una candela e accese un lembo della carta, tenendo il plico in modo da farlo avviluppare e consumare dalle fiamme.

Donna Gabriella sentì un impulso di strappare quelle carte e salvarle dal fuoco; una voce interiore le sussurrò:

"Quelle carte sono un'arma contro Violante" ma qualche cosa di indefinito, di oscuro, di più forte, le impedì di muoversi e la stessa voce le mormorò con accento di rammarico e di rimpianto: "Tu salvi Violante, e perdi te stessa!".

Le fiamme consumarono le carte fino all'ultimo lembo, Blasco gettò per terra alcune foglie nere accartocciate, leggerissime, che si disfecero a un soffio, poi, passatosi le mani sul volto quasi per scacciarne un'ombra prese un'aria gioconda e avvicinandosi a donna Gabriella le sedette accanto e, strettele le mani nelle sue, le disse con la sua bella voce giovanile vibrante di gioia:

"Ebbene? Perché non mi sorridi? E perché taci?"

Donna Gabriella sentì la triste voce interiore mormorare nuovamente: "Egli è allegro perché ha salvato Violante!". E si sentì stringere il cuore e inumidire gli occhi, ma improvvisamente, in un impeto selvaggio di passione, allacciò con le braccia il collo di Blasco, lo trasse a sè, gridando:

"No!... tu sei mio! soltanto mio!"