Beati Paoli

di Luigi Natoli

parte quarta, capitolo 23

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Passarono alcuni giorni come di lenta agonia. Blasco si mostrava sempre assiduo, previggente, premuroso, pieno di tenerezza, ma a donna Gabriella pareva di vedere in tutto ciò uno sforzo per celare la verità che lei leggeva chiaramente.

Una mattina, sapendo che Blasco era trattenuto dal conte di Montemar, mandò a pregare Coriolano di andare a trovarla. Il cavaliere si affrettò ad accorrere.

"Ho ricevuto un grazioso ordine, e sono accorso; ma permettetemi di domandarvi che cosa vi affligge, perché il vostro bel viso ha una espressione di dolore che mi costerna..."

Donna Gabriella sorrise mestamente e gli occhi le si inumidirono:

"Ho bisogno di voi, del vostro aiuto, del vostro consiglio..."

"Dite, sono agli ordini vostri, felice se posso esservi utile..."

Erano seduti nella penombra di una sala vasta e silenziosa, lei su un canapè, Coriolano in un seggiolone, voltando le spalle alla luce, così da lasciare il proprio volto nell'ombra e vedere chiaramente quello della duchessa. Donna Gabriella parve raccogliersi per trovare una parola, una forma, poi disse:

"Voi siete intimo di Blasco e ne conoscete i più riposti pensieri..."

"Infatti egli mi fa l'onore di concedermi la sua fiducia e le sue confidenze, per quanto io non lo solleciti e mantenga quel riserbo e quella discrezione che l'amicizia impone."

"Cosicchè voi... Scusate, cavaliere, se entro nell'anima vostra e se forse, vi costringo a rivelare un segreto..."

Coriolano sorrise:

"Delle violazioni?"

"Non sorridete; la violazione, se così volete chiamare la confidenza che vi domando, potrebbe essere la felicità di qualcuno..."

"E se non fosse?"

"Lo sarà. Il dolore di uno può, anzi quasi sempre è la gioia di un altro..."

"Dite. Se posso, senza mancare ai doveri d'amicizia, impedire un dolore non mi fortificherò nel silenzio..."

"Della Floresta, Blasco non mi ama..."

"Oh!.."

"Blasco ama un'altra donna."

"Mi stupite! Che cosa può farvelo supporre?"

"Supporre? Ne sono sicura..."

"Bene; che cosa può darvi questa sicurezza?..."

"Avete mai amato profondamente e interamente?"

"Io? grazie al cielo nè profondamente nè superficialmente!... sono refrattario..."

"Allora non potete comprendermi, non potete intendere quali piccoli, lievi, impercettibili segni rivelino a una donna che non è più amata. Lo sente, lo sente nel tono della voce, nel sorriso, nel lampo degli occhi, nella stretta di mano, nella lieve carezza... in tutto!... Blasco non mi ama più, ve lo dico io,... e voi lo sapete!"

"Io?"

"Voi, sì; voi siete il depositario dei suoi segreti..."

"Lo sono, ma vi assicuro, duchessa, che Blasco non mi ha mai detto alcuna cosa che possa indurmi a credere che abbia qualche altra passione..."

"Ma voi l'avete indovinato."

"Oh, perdonatemi..."

"Non dite di no; ve lo leggo negli occhi. Lui non è più giocondo come prima, è oppresso da un pensiero che io conosco, che io ho sorpreso... E voi lo sapete, sì, lo sapete!... Oh, altre volte io, sicura della mia forza, non avrei pianto, non mi sarei prostrata, non avrei supplicato come ora... Mi sarei vendicata... Ma ora... ora non posso!... non so! non voglio..."

Coriolano la guardava con stupore. Donna Gabriella si torceva le mani; i suoi occhi brillavano, ma non avevano lacrime, le sue labbra erano smorte e aride.

"Cavaliere della Floresta, io non desidero da voi nessun aiuto, non voglio che voi facciate forza sul cuore di Blasco. Quando l'amore è finito non si ricomincia più. Il legno consumato non arde, la cenere non dà fiamma... No; non gli dite nulla, ma ditemi almeno che io non mi inganno, datemi la certezza che la mia non è una supposizione, che tutto è finito per me, tutto!..."

"Perché volete addolorarvi?" le disse Coriolano commosso, ma dominandosi e senza venir meno a quella calma sorridente che gli era abituale. "Perché vi tormentate? Ammettiamo che sia come dite voi; ebbene? Vi sono cose eterne nel mondo? Bisogna prepararsi a questo che vi sembra lo scioglimento. Voi avete detto che il legno consumato non arde: ebbene, l'amore è un legno che brucia; voi lo avete bruciato troppo presto.... Badate, io seguo il vostro discorso, non affermo, perché non ho elementi per affermare, come non ne ho per negare... Abbiate la pazienza di rifare la storia di quest'amore e vedrete in esso le ragioni della sua fine... dirò meglio, del suo mutarsi nella tenera amicizia coniugale... Vi siete inebriata, e come tutte le ebbrezze, anche quella dell'amore si dilegua... Siate forte; dal rogo dell'amore sorge lo spirito dell'amicizia sincera, devota, che può riempire la vostra vita e darvi commozioni e gioie, forse non più intense, ma più serene e più durature di quelle dell'amore..."

Donna Gabriella l'ascoltava? Così pareva, ma invece lei si diceva dentro, in una esaltazione di tutto l'essere suo: "Dunque è vero, è vero: lui non mi ama più, lui ama Violante; ora è finita, finita per sempre!...".

Coriolano continuava, pacato e insinuante:

"Voi siete una donna di spirito, duchessa; una donna superiore. Credete che Blasco non vi ami più d'amore? Non tentate di rianimare la fiamma; i guizzi che essa darebbe, non vi susciterebbero neppure l'illusione dell'amore e vi creerebbero maggiori delusioni, maggiori dolori; non tentate di risuscitare l'amante, ma contentatevi dell'amico: sarà meglio per voi e per lui.

Dicono che l'amore vero, l'amore profondo sia dedizione, abnegazione, sacrificio; ebbene, se voi l'amate così profondamente, come io leggo nel vostro dolore, abbiate la forza di sacrificare qualche illusione, qualche desiderio, qualche sogno, e nel sacrificio troverete la gioia."

Quelle parole evocarono alla mente di donna Gabriella l'immagine di Violante. Ella si domandò:

"Violante dunque l'ama più di me? Lei ha la forza d'abnegazione e di sacrificio che io non ho, perché l'ama di più... Di più?".

La fanciulla le appariva martire volontaria sull'altare di quella che credeva la felicità di Blasco e tuttavia non doveva che dire una sola parola, che stendere la mano, per essere felice. Paragonandosi a lei, senza volerlo, donna Gabriella si sentiva inferiore; quel suo dolore querulo, quel l'abbandonarsi alla disperazione, le parevano un segno di viltà; peggio ancora, avviliva il suo grande amore.

"Possibile dunque - si domandava, - che questo mio amore che mi consuma, che mi uccide, non sia così forte come quello di Violante?".

Si chiuse nel suo pensiero, cupamente, fissa in quell'idea di sacrificio.

"Apparirò io più grande e più degna di amore, se avrò la forza di rinunziare alle sue carezze?...".

Dopo un po' di silenzio stese la mano al cavaliere della Floresta.

"Grazie!" gli disse; "non dite nulla a Blasco di quello che vi ho confidato... Le vostre parole non sono cadute invano... Grazie, amico mio!"

Coriolano le tenne dolcemente la mano nella sua, guardandola negli occhi, come per leggere dentro a quell'anima misteriosa e molteplice.

"Posso dunque credere che sarete forte?" le domandò dolcemente.

"Ve lo prometto," rispose con voce cupa, come rispondendo a un pensiero occulto.

"Verrò a vedervi?"

"Sì... stasera... venite a prendere un sorbetto... Vedrete che sarò buona..."

Quando Coriolano se ne andò, donna Gabriella sprofondò il capo fra le mani e rimase assorta, fino a che, repentinamente, con una risoluzione che le accendeva stranamente gli occhi, si levò in piedi e ordinò la sua carrozza.

Giunse la sera.

Donna Gabriella era stata tutto il giorno agitata, impaziente, cupa, ma quando sentì suonare l'Ave, un fremito le corse per la persona; scosse la bella testa e parve scacciare i torbidi pensieri che l'avevano agitata.

Quella sera fece accendere tutte le candele della piccola sala barocca, dove lei riceveva i suoi amici. Il suo volto aveva preso una espressione graziosa, piena di brio e di festevolezza, nella quale un occhio acuto avrebbe scoperto qualcosa di febbrile.

Il fermarsi di una carrozza la fece trasalire: corse alla porta a ricevere il principe di Butera e Violante. Ella prese le mani della fanciulla e la trasse a sè dicendole con vivacità:

"Oh, come ti sono grata d'essere venuta!..."

Ma Violante era rimasta colpita da una grande ammirazione dolorosa e non potè fare a meno di esclamare:

"Come è bella stasera, signora madre!..."

E veramente donna Gabriella pareva avesse raccolto tutte le seduzioni dell'abbigliamento e tutte le grazie fascinatrici della persona, per essere quella sera meravigliosamente bella e incantevole. Rispose con gaiezza:

"O figliuola mia, chi può essere tanto bella da vincerti?..."

Il principe le fece un altro complimento, poi soggiunse:

"Ve la lascio; verrò più tardi a riprenderla; avrei accettato volentieri un sorbetto o una tazza del vostro caffè... so che anche voi ne usate, ma sono costretto ad andare al Palazzo Reale... Datemi licenza."

Le baciò galantemente la mano e se ne andò.

"Vieni," disse donna Gabriella a Violante, conducendola verso un piccolo canapè, "noi passeremo qual che ora insieme... ho tante cose da dirti... prima di partire!..."

"Parte?" domandò Violante non senza commozione.

"Sì..."

"Per molto tempo?"

"Molto... forse non tornerò più. Questa è come una serata di addio."

Violante era diventata pallida; ella pensava dentro di sè: "Certamente parte con don Blasco". Una viva sofferenza le tormentò il cuore, ma la maschera severa e rigida del suo volto non tradì la commozione interiore. Donna Gabriella continuò:

"Non mi dispiace, sai. Qui tutto è diventato orribile, tetro, pieno di lacrime, di gemiti, di tormenti... Non è vero, forse? Di', non è vero?"

Violante levò gli occhi in alto e, sospirando, disse con un lieve tremore di voce:

"Bisogna saper sopportare..."

"Sì," approvò donna Gabriella con accento cupo. Poi a un tratto, ripresa la sua giocondità, sedette dinanzi al piccolo cembalo dipinto di celeste, a fiorami, a svolazzi, e vi fece scorrere le dita nervose. Lo strumento vibrò delle note giulive che si spensero poi in un ondeggiare gemebondo.

"Non conosci nessun pezzo di Porpora? Per esempio della Berenice?"

"No, signora."

"Ah già; tu sei una monachella... l'avevo dimenticato..."

Vide impallidire e vacillare la fanciulla, e si voltò; sulla soglia della porta erano Blasco e Coriolano; Blasco si era fermato, in preda a una viva commozione, stupefatto e come non credendo agli occhi suoi, al vedere in quella casa Violante, sola con donna Gabriella. Non capiva; era una cosa così imprevedibile, che non sapeva bene se dovesse crederla un miracolo o una illusione. Violante! la fanciulla che egli non aveva più veduta, non aveva più cercata, aveva quasi anzi fuggita; Violante, che egli portava sempre nell'intimo del cuore, gelosamente custodita, e della quale non osava pronunciare il nome neppure mentalmente; Violante, di cui aveva sempre evitato di parlare per non destare le gelosie di donna Gabriella, temendone gli impeti e le violenze; Violante era lì, innanzi agli occhi suoi, viva, palpitante, commossa; lì, accanto a donna Gabriella, offerta a lui da donna Gabriella stessa!... Tutto ciò riusciva così superiore alla sua intelligenza, che egli sentiva smarrirsi e non sapeva risolversi a entrare.

Coriolano era rimasto anche lui sorpreso. Aveva notato l'abbigliamento affascinante e singolare di donna Gabriella, la insolita illuminazione, la presenza di Violante e aveva detto fra sè: "Che cosa vuol dire questo? Evidentemente esagera".

Donna Gabriella, dopo aver goduto del loro stupore, si avvicinò gaiamente invitandoli a entrare.

"Ebbene, signori, volete rimanere alla porta?"

Blasco allora si riscosse e baciò la mano a donna Gabriella, non senza uno stupore nel vederla più bella e più affascinante del solito e con uno splendore negli occhi singolare e strano. Entrò come un ubriaco, con la mente offuscata, salutando Violante con una riserbatezza che mal celava l'imbarazzo.

Coriolano, che aveva sùbito ripreso il dominio di sè, disse qualche complimento che ruppe il ghiaccio di quell'istante e avviò la conversazione. Egli però, come era sua abitudine, osservava, scrutava, analizzava e nulla poteva offrirgli tanta materia di studio, quanto quelle tre anime tormentate e costrette a celare la loro sofferenza.

Violante soffriva. Ma non s'aspettava di doversi incontrare con Blasco, che aveva sempre evitato; e non soltanto il rivederlo, ma l'incontrarlo lì, in casa della matrigna, di chi le aveva strappato il cuore del giovane, di chi aveva infranto il suo sogno, il solo, il primo, l'ultimo sogno di fanciulla, le dava un'angoscia inesprimibile. Oh perché non veniva il nonno, per fuggire, per rifugiarsi nella sua camera, a sfogarvi non vista l'ambascia che le lacerava l'anima?... E non poteva più imporsi quell'immobilità rigida e statuaria, sotto la quale aveva sempre celato le profonde emozioni; lo spasimo le alterava il volto.

Blasco taceva: un silenzio pieno di dolori inesprimibili. Tutte le visioni del passato, tutti i sogni smarriti nel cammino della vita, tutte le sue illusioni, tutto il peso della fatalità che incombeva sul suo capo, tutto gli sconvolgeva l'anima; era un martirio intimo, ma non meno tremendo e angoscioso di quello che dilaniava la fanciulla.

Ma l'uragano impetuoso con tutte le sue stragi, con tutti i suoi sconvolgimenti, con tutte le sue terribili, orribili, spaventevoli armi di distruzione, era nel cuore di donna Gabriella; Coriolano lo sorprendeva nel gesto nervoso, nel moto convulso delle mani, nella vivacità febbrile della parola, nel folgorio degli occhi che parevano quelli di una allucinata. Mentre lei sonava, Coriolano sorprendeva improvvisi guizzi percorrerle il corpo. Certo donna Gabriella pareva spiegare una gran forza di dominio, ma v'era in lei qualcosa di insano, che incuteva uno sgomento, un'ansia sospettosa e piena di terrori dell'ignoto.

Ella sonava, parlava gaiamente, più spesso con Coriolano, più raramente con Blasco e con Violante.

"Non dici nulla tu, fanciulla mia?"

No; non poteva dire nulla; per lei era una cosa troppo forte!...

"E voi, don Blasco, avete perduto la parola? Almeno dite qualche cosa gentile a Violante!"

Quanta amarezza, quanto veleno vi era nel sorriso con cui donna Gabriella diceva queste parole!...

Poi sonò il campanello e al lacchè apparso sulla soglia ordinò:

"Servite."

Un minuto dopo il lacchè entrò con un vassoio d'argento sul quale erano disposti quattro piccoli fondi di porcellana finissima con dei sorbetti in forma di frutta e dei cucchiaini d'argento cesellato e lo depose sopra un tavolino; quindi ritornò con due altri vassoi più piccoli: uno pieno di biscotti, l'altro con due bottiglie e dei bicchierini, e postili sul tavolino si piantò sulla soglia.

"Andate," gli ordinò donna Gabriella, passandosi il fazzoletto sul volto per asciugarsi il sudore.

Servì ella stessa i sorbetti; Coriolano, che ne seguiva tutti i movimenti, vide che il suo volto aveva preso una espressione spaventevole e che la sua voce era alterata, mentre parlava con maggiore vivacità e festevolezza.

Poi donna Gabriella scelse una bottiglia:

"Questo," disse, "è per le dame..."

Riempì due bicchierini e si avvicinò a Violante. Coriolano mosse un passo, fissando gli occhi su donna Gabriella; era divenuto pallido, un orribile sospetto lo aveva illuminato; vide le mani di donna Gabriella, che porgeva uno dei bicchieri a Violante, agitate da un lieve tremore; vide il suo volto trasformarsi, udì la sua voce rauca e lugubre dire:

"Bevi, Violante, alla nostra gioia..."

Violante prese il bicchiere. In quel momento, donna Gabriella alzò gli occhi; Coriolano era dinanzi a lei con gli occhi sfolgoranti, simile a un giudice severo, inflessibile, tremendo. Quegli occhi le penetrarono in fondo all'anima come due lame, come due raggi; la trafissero e ne illuminarono le spaventevoli latebre. Violante portava il bicchiere alle labbra.

Gli occhi di Coriolano diventavano più terribili.

Donna Gabriella ebbe un sussulto; con un brusco gesto improvviso fece cadere il bicchiere dalla mano di Violante gridando: "No!"

E vuotò il suo d'un fiato."

"Disgraziata!" gridò Coriolano.

Blasco, che era rimasto come assorto in un canto, si scosse:

"Che cos'è?..."

Guardò Violante e la vide immobile, pallida, come fulminata da qualcosa di incredibile; guardò donna Gabriella; la vide passarsi le mani sul volto, vacillare, stramazzare sopra una seggiola!

"Gabriella! Gabriella!" urlò spaventato!

"Dio mio.. Che cosa succede dunque?..."

Coriolano prese la bottiglia, la nascose rapidamente e affacciatosi nell'anticamera, gridò:

"Un medico!... correte per un medico."

Donna Gabriella era caduta col capo indietro sopra una seggiola e Blasco aveva avuto appena il tempo di impedire che stramazzasse per terra. Sorreggendole il capo col braccio, prendendole una mano la scoteva, interrogandola affannosamente:

"Che cos'hai?... Che cos'hai fatto? parla!... Mio Dio! parla!..."

Violante con le mani giunte, con gli occhi dilatati dallo spavento, non poteva pronunziare alcuna parola; guardava donna Gabriella, Blasco, Coriolano, con un terrore folle, intanto che Coriolano diceva qualche parola di conforto. Un grido la riscosse, le diede la percezione esatta della tragedia avvenuta.

"Coriolano!... Coriolano!... Ella muore!..."

Allora Violante scoppiò in lagrime, e cadendo in ginocchio esclamò:

"Dio... Dio...! Abbiate pietà di lei!"

Donna Gabriella alzò il capo; i suoi occhi errarono cercando, si posarono sopra Blasco, sopra Violante, poi si riempirono di lacrime; le sue labbra mormorarono:

"Perdono!... Addio!..."

"Gabriella!... Gabriella!... No! no!" urlò come un pazzo Blasco.

"Signora! signora!..." singhiozzava Violante.

Donna Gabriella fece uno sforzo, sollevò le braccia, cercò il capo di Violante e vi posò una mano; cercò quello di Blasco e per un minuto le sue mani fredde, percorse da un brivido di morte, indugiarono su quei due capi curvi e convulsi. Ella ripetè in un soffio:

"Almeno... ricordatevi di me..."

Un guizzo agitò il suo corpo; un urlo squarciò il suo petto...

Ella sollevò il capo di Blasco, le sue labbra lo cercarono, sussurrarono:

"Addio!... baciami!..."

Blasco la baciò piangendo, ripetendo:

"Che cosa hai fatto?... Che cosa hai fatto?... Perché?..."

"Era necessario!..." disse.

Furono le ultime parole; le sue membra si contorsero in uno spasimo, le sue labbra illividirono, gli occhi si appannarono; un ultimo guizzo del corpo e poi più nulla.

Blasco si piegò sulle ginocchia, la guardò in volto, gridò ancora una volta.

I singhiozzi di Violante coprirono la sua voce. Essi rimasero ginocchioni, chini su quel corpo che mezz'ora prima vibrava di vita e di bellezza.

Coriolano asciugò con una pezzuola le labbra che più non sorridevano, chiuse gli occhi che più non vedevano, e depose un bacio sulla fronte dalla quale erano fuggiti e per sempre sogni, pensieri e dolori.